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UNIVERSITÉ PARIS-SORBONNE POLEMONE L ... - e-Sorbonne

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della frase è affermare che la definizione di katalhpto£n non è reperibile<br />

all'interno della tradizione peripatetica o vetero academica. La definizione in<br />

oggetto risale a “qui minor est”. Se con ciò si deve intendere la persona che per<br />

prima ha fornito la definizione di katalhpto£n, senza dubbio ci si riferisce a<br />

Zenone di Cizio. L'uso di minor veicolerebbe allora un giudizio di valore sulla<br />

statura filosofica del padre dello stoicismo. Cicerone si sforza di prendere in<br />

considerazione la storiografia antiochea, secondo la quale lo stoicismo sarebbe<br />

compatibile con la tradizione platonica (v. e.g. Luc. 15), ma dal suo punto di vista<br />

non c'è alcun dubbio che l'autorità di Zenone è di minor valore rispetto a quella<br />

dei diretti successori di Platone di prima e di seconda generazione. In tempi<br />

recenti anche Brittain (2006), pp. 65-66, n.169, ha sostenuto che l'aggettivo<br />

comparativo si riferisce ad Antioco, come alla persona che tenta di imporre<br />

elementi dello stoicismo alla filosofia academica. Tuttavia, come anche Brittain<br />

nota, la definizione di katalhpto£n viene esplicitamente attribuita a Zenone a più<br />

riprese (v. oltre) e tutto il passaggio sembra in realtà voler mostrare che le due<br />

questioni in oggetto, rispetto alla tradizione più antica, sono novità introdotte dallo<br />

stoicismo (v. Luc. 77: “Nemo umquam superiorum non modo expresserat sed ne<br />

dixerat quidem posse hominem nihil opinari, nec solum posse sed ita necesse esse<br />

sapienti”). Un'altra soluzione sembra eventualmente possibile, ovvero che la frase<br />

intenda fare riferimento alla persona che per prima ha impiegato la definizione<br />

all'interno della scuola academica. Neanche in questo caso si tratterebbe di<br />

Antioco, ma piuttosto di Arcesilao (v. ibid.: “Visa est Arcesilae cum vera sententia<br />

tum honesta digna sapienti”), il quale, nell'ambito della disputa con Zenone,<br />

avrebbe 'impiegato' la definizione fornendo un essenziale contributo alla precisa<br />

configurazione della sua terza clausola, v. Ioppolo (1990), pp. 438-449 e oltre.<br />

– tale verum quale falsum esse non possit: cfr. Luc. 18: “Cum enim ita<br />

negaret quicquam esse quod comprehendi posset (id enim volumus esse<br />

katalhpto£n), si illud esset, sicut Zeno definiret, tale visum (iam enim hoc pro<br />

fantasi/ verbum satis hesterno sermone trivimus), visum igitur impressum<br />

effictumque ex eo unde esset quale esse non posset ex eo unde non esset – id nos a<br />

Zenone definitum rectissime dicimus; qui enim potest quicquam comprehendi, ut<br />

plane confidas perceptum id cognitumque esse, quod est tale quale vel falsum<br />

esset possit?”; Luc. 77: “Quale igitur visum? Tum illum ita definisse: ex eo quod<br />

esset sicut esset impressum et signatum et effictum. Post requisitum etiamne si<br />

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