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UNIVERSITÉ PARIS-SORBONNE POLEMONE L ... - e-Sorbonne

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contenute tracce degli argomenti impiegati da Carneade per contestare la<br />

concezione stoica della giustizia come derivante dagli impulsi naturali 413 ; contro<br />

di essa Carneade sposava, per fini dialettici, la linea dell'utilitarismo sofistico, fino<br />

a sostenere provocatoriamente la tesi che la giustizia sia in conflitto con la<br />

sapientia, e dunque fondamentalmente 'contro natura', supportato in ciò da una<br />

concezione della natura umana come uguale a quella degli altri animali, alla<br />

ricerca solo del proprio interesse e del vantaggio dei beni esterni 414 .<br />

Nell'esposizione per bocca del personaggio di Philus degli argomenti carneadei<br />

pro improbitate, all'interno di quanto ci è parvenuto del testo del De Republica, si<br />

trova l'affermazione : (Rep. III, 24) "sapientia iubet augere opes, amplificare<br />

divitias, proferre finis (...), imperare quam plurimis, frui voluptatibus, pollere,<br />

regnare, dominari", dove il verbo fruor è riferito ai piaceri nel contesto più ampio<br />

del processo di appropriazione dei beni esterni.<br />

Reid (1885), nel suo commentario considera i paralleli tra il passaggio in oggetto<br />

e Tusc. V, 84, cfr. T. 54: "naturae primis aut omnibus aut maximis frui" e Fin. IV,<br />

14 = T. 44: "omnibus aut maximis rebus iis quae secundum naturam sint fruentem<br />

vivere", e ne trae la conclusione tra la differenza fondamentale tra la formula del<br />

fine di Polemone e quella di Carneade starebbe nel fatto che Polemone<br />

considererebbe ta£ kata£ fu/sin in modo generale ("generally"), mentre Carneade<br />

avrebbe preso in considerazione soltanto ta£ prw=ta kata£ fu/sin, in cui la virtù<br />

non è inclusa (v. Fin. II, 38; 42; Fin V, 22) 415 . Questa differenza dovrebbe aiutare a<br />

tracciare i confini tra i diversi riferimenti filosofici di Polemone e Carneade.<br />

Tuttavia il passo in oggetto rappresenta, da questo punto di vista, una completa<br />

smentita. Cicerone fa infatti attenzione ad impiegare esattamente la stessa formula<br />

sintattica: "is quas primas ...natura conciliet/conciliavisset" in entrambi i casi, sia<br />

per Polemone che per Carneade.<br />

conciliavisset: il verbo conciliare rimanda ai sostantivi conciliatio e commendatio<br />

(v. infra, p. 177; p. 179; n. 405; p. 245; p. 274; p. 301; p. 304 e Appendice, p.<br />

427); l'uso del congiuntivo piuccheperfetto stabilisce l'anteriorità dell'azione di<br />

'conciliare' rispetto al tempo verbale della reggente. La distinzione dei piani<br />

413 v. Ferrary (1974); Ferrary (1977); in questo contesto ritengo sia da leggersi anche l'argomento presentato in<br />

Fin. II, 59, sull'uomo che rischia la morte sedendosi dove qualcun'altro sa esser nascosto un serpente, poiché<br />

perfettamente in linea con la tesi dell'antagonismo tra interesse personale naturale e giustizia.<br />

414 v. il riassunto della tesi di Carneade offerto da Lattanzio in Inst. 5, 16, 3: « omnes et homines et alias<br />

animantes ad utilitate suas natura ducente ferri ».<br />

415 L'idea viene ripresa da Philippson (1932), p.445. Cfr. Radice (2000), pp.105-106.<br />

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