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UNIVERSITÉ PARIS-SORBONNE POLEMONE L ... - e-Sorbonne

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testimonianze sul terzo scolarca nei testi di Cicerone che Polemone è un'icona<br />

dell'interpretazione 'dogmatica' di Platone, in questo senso più funzionale alla storiografia<br />

ermeneutica di Antioco di Platone stesso. Si suppone infatti che il lettore riconosca dietro<br />

Polemone una versione legittima dell'eredità platonica. La posizione etica attribuibile a<br />

Polemone sembrerebbe infine consentire ad Antioco di rispondere adeguatamente alle<br />

esigenze del dibattito contemporaneo, portando verosimilmente l'attenzione sui fondamenti<br />

naturalistici del discorso etico (v. Fin. V, 21: "aut prima naturae, ut antiquis, quos eosdem<br />

Academicos et Peripateticos nominavimus"), che traccerebbero un terreno fertile di incontro (-<br />

scontro) non solo tra l'istanza academica e quella peripatetica, ma anche tra la tradizione<br />

antica e i problemi sollevati dalle istanze più recenti come quella stoica ed eventualmente<br />

anche quella epicurea.<br />

La coincidenza della sententia di Polemone e Aristotele in questo quadro è dunque solo un<br />

applicazione specifica del principio più generale della coincidenza tra l'istanza academica e<br />

l'istanza peripatetica, che autorizza Antioco ad appropriarsi della posizione aristotelica nella<br />

sua agenda di restauro di un'approccio filosofico di tipo 'dogmatico'.<br />

T. 51 : CICERO, DE FINIBUS BONORUM ET MALORUM V, 31, 93-94.<br />

Quis est enim qui hoc cadere in sapientem dicere audeat, ut, si fieri possit, virtutem in perpetuum abiciat, ut<br />

dolore omni liberetur? Quis nostrum dixerit (quos non pudet ea quae Stoici aspera dicunt mala dicere)<br />

melius esse turpiter aliquid facere cum voluptate quam honeste cum dolore? (…) Et quidem Arcesilas<br />

tuus, etsi fuit in disserendo pertinacior, tamen noster fuit, erat enim Polemonis.<br />

Polemo fr. 75 Gigante; Arcesilas T. 24 Mette.<br />

Traduzione<br />

Chi infatti oserebbe dire che potrebbe capitare al saggio di, se possibile, rinunciare per sempre alla virtù,<br />

al fine di esser liberato da ogni dolore? Chi dei nostri, che non hanno vergogna a chiamare 'mali' quelle<br />

cose che gli stoici invece chiamano 'difficoltà', avrebbe mai detto che è meglio compiere un'azione<br />

disonesta accompagnata da piacere, piuttosto che un'azione onesta accompagnata da dolore?(...) E pure<br />

il tuo Arcesilao, anche se nella discussione fu più ostinato, tuttavia fu dei nostri: era<br />

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