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UNIVERSITÉ PARIS-SORBONNE POLEMONE L ... - e-Sorbonne

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seminibus inclusis, (...), quantum in ipsis est, nulla vi impediente perfecta sint". La menzione<br />

dell'assenza di ostacoli (nulla vi impediente) e di un movimento interno (interiore quodam<br />

motu) fa di questo principio una precisa applicazione della famosa definizione della Fisica di<br />

Aristotele, v. Phys. II 199B 15-18: "φύσει γάρ, ὅσα ἀπό τινος ἐν αὑτοῖς ἀρχῆς συνεχῶς<br />

κινούμενα ἀφικνεῖται εἴς τι τέλος· ἀφ' ἑκάστης δὲ οὐ τὸ αὐτὸ ἑκάστοις οὐδὲ τὸ τυχόν, ἀεὶ<br />

μέντοι ἐπὶ τὸ αὐτό, ἂν μή τι ἐμποδίσῃ" [cfr. Arist. De an. 434 a 25-26: "ἀνάγκη ἄρα<br />

ἐνεῖναι τὴν θρεπτικὴν δύναμιν ἐν πᾶσι τοῖς φυομένοις καὶ φθίνουσιν"]. La critica<br />

riconosce nel corpus aristotelico una varietà di usi del concetto di 'natura', tra i quali quello<br />

della Fisica rappresenta l'istanza evidentemente più forte 619 . La contestualizzazione del<br />

concetto nell'ambito botanico è prova in un certo senso dell'universalità della sua<br />

applicazione. Il mondo delle piante infatti è in un certo senso solo una base empirica tra le<br />

tante possibili per l'affermazione di un principio che si vuole valido universalmente, dunque<br />

anche per l'etica. Oltre a ciò la botanica permette una facile associazione con Teofrasto,<br />

considerato il fondatore della disciplina. L'utilità delle indagini botaniche di Teofrasto anche<br />

per altri ambiti, al di là dei confini della disciplina, sembra venir cripticamente dichiarata sia<br />

da Cicerone (Fin. V, 10: "Theophrastus autem stirpium naturas omniumque fere rerum quae e<br />

terra gignerentur causas atque rationes; qua ex cognitione facilior facta est investigatio<br />

rerum occultissimarum"), sia da Varrone (Varro, De re rustica I, 5, 1-2 : "cum lego libros<br />

Theophrati, qui inscribuntur et alteri. Stoliìo, isti, inquit, libri non tam idonei iis qui agrum<br />

colere volunt quam qui scholas philosophorum; neque eo dico quod habeant et utilia<br />

et communia quaedam"). Il passo del De finibus afferma esplicitamente che le cognizioni<br />

derivate dall'indagine botanica di Teofrasto agevolano l'indagine di res occultissima.<br />

L'espressione designa generalmente l'indagine fisica (v. occulta, Ac.libri I, 15 : "Socrates (...),<br />

primus a rebus occultis et ab ipsa natura involutis, in quibus omnes ante eum philosophi<br />

occupati fuerunt"; Ac.libri I, 19: "philosophandi ratio triplex, una de vita et moribus, altera<br />

de natura et rebus occultis, tertia..."; Luc. 127; Fin. III, 37; ), ma in certi contesti particolari si<br />

riferisce in generale alla conoscenza della natura, intesa anche come 'natura umana' (v. Fin. V,<br />

41: "Nunc vero a primo quidem mirabiliter occulta natura est nec perspici ne cognosci<br />

potest", dove si tratta di "se quisque cognoscere iudicareque ... quae vis et totius naturae et<br />

partium singularum"). Non è escluso dunque che Cicerone alluda in modo criptico al fatto che<br />

dall'osservazione scientifica della natura delle piante sia derivabile la formulazione di un<br />

principio naturalistico dell'etica. Il passo di Varrone invece afferma la generale utilità delle<br />

opere botaniche di Teofrasto, non solo per gli esperti di filosofia ma anche per un pubblico più<br />

ampio, poiché contengono "et utilia et communia quaedam". La frase si riferisce<br />

619 v. Annas (1993), pp. 142-158..<br />

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