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Capitolo 1 “Prematematica” e Matematica antica

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del Programma, anche nelle prime fasi del suo stesso pensiero, il metodo usato<br />

per dimostrare la consistenza di una teoria assiomatica era darne un “modello”.<br />

Un modello è semplicemente un insieme ben definito di oggetti scelti da<br />

un’altra teoria che diano un’interpretazione dei termini presentati nel sistema<br />

in modo tale da soddisfare gli assiomi. Ad ogni oggetto o nozione primitiva<br />

della teoria assiomatica si fa corrispondere un oggetto od una nozione dell’altra<br />

teoria, in modo tale che gli assiomi nella prima corrispondano a teoremi<br />

nella seconda. Se quest’altra teoria è consistente, allora anche quella di partenza<br />

dev’esserlo. Supponendo infatti che nella teoria assiomatica si potesse<br />

dedurre una contraddizione dagli assiomi, si dovrebbe poter dedurre una contraddizione<br />

tra i teoremi corrispondenti. Esempio: Beltrami nel 1968 mostrò<br />

che le rette nella geometria piana di Lobatchevsky e Bolyai possono essere rappresentate<br />

dalle geodetiche su una superficie di curvatura negativa e costante<br />

nello spazio Euclideo. Quindi la geometria iperbolica piana è consistente se<br />

la geometria Euclidea lo è. Ma c’è un problema: questo tipo di dimostrazioni<br />

della consistenza di una teoria sono “relative”. La teoria per cui si produce un<br />

modello è consistente se lo è quella da cui il modello è stato preso, per cui solo<br />

quando quest’ultima è inattaccabile il modello ci dà una dimostrazione valida<br />

della consistenza. Ma per dimostrare la consistenza, ad esempio, della teoria<br />

dei numeri classica o dell’analisi matematica non si può usare questo metodo.<br />

Hilbert e Bernays escludono anche la possibilità di poter ottenere un modello<br />

ispirandosi al mondo fisico o a quello delle percezioni. Se si deve provare la<br />

consistenza di teoria dei numeri, analisi, etc. bisogna usare un altro metodo ed<br />

è qui che entra in gioco l’idea di Hilbert. Grazie alla traduzione della teoria in<br />

sistema formale e quindi in un oggetto della matematica finitista, l’enunciato<br />

di consistenza si riduce infatti ad una proposizione della metateoria e quindi<br />

suscettibile di dimostrazione non formale ma contenutistica. Si esaminano gli<br />

assiomi e le regole del sistema formale e si mostra con ragionamenti finitistici<br />

che non si può derivare, ad esempio, la contraddizione 1 �= 1 (o qualunque altra<br />

contraddizione fissata, dato che tutti i sistemi considerati da Hilbert contengono<br />

la regola di derivazione ex falso quodlibet, secondo cui se la teoria dimostra<br />

una contraddizione allora dimostra ogni formula). A partire dal 1923, Hilbert<br />

introdusse un’ulteriore distinzione nel suo punto di vista: quella tra formule<br />

“reali” ed “ideali”. Le formule reali sono quelle che corrispondono a proposizioni<br />

contenutistiche, finitarie, quelle ideali sono le altre. Esse sono aggiunte<br />

alla parte reale delle teorie matematiche per preservare i modi di inferenza<br />

classici anche nei ragionamenti che trattano l’infinito come attuale. Un esem-<br />

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