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Capitolo 1 “Prematematica” e Matematica antica

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pio di aggiunta di un elemento ideale ad un sistema è quello dell’iperpiano<br />

all’infinito della geometria proiettiva. Così scrive Hilbert a riguardo:<br />

“Nella mia metamatematica, gli assiomi e le formule transfiniti<br />

sono aggiunti agli assiomi finiti come nella teoria delle funzioni a<br />

variabili complesse gli elementi immaginari sono aggiunti ai reali e<br />

come in geometria le costruzioni ideali sono aggiunte a quelle reali.<br />

[7]”<br />

Quando Hilbert parla di proposizioni reali, manifesta chiaramente che la parte<br />

reale della teoria consta solo di formule decidibili e senza variabili, che devono<br />

essere suscettibili di verifica diretta, in perfetta analogia con le proposizioni<br />

della fisica che possono essere verificate sperimentalmente. Le proposizioni<br />

transfinite invece non necessitano di alcun significato intuitivo allo stesso modo<br />

in cui in fisica non è necessario vedere gli elettroni per scriverne una teoria.<br />

La raison d’être per la parte ideale starebbe nella conservatività rispetto a<br />

quella reale: ogniqualvolta una proposizione reale viene dimostrata usando<br />

della matematica ideale, tale proposizione dev’essere dimostrabile anche con<br />

mezzi finitisti. Una teoria matematica classica può allora essere vista come<br />

una semplice ed elegante sistematizzazione attraverso cui una varietà di proposizioni<br />

reali vere, che precedentemente apparivano eterogenee e scollegate o<br />

erano addirittura ignote, sono comprese come conseguenze dei teoremi ideali.<br />

Non stupisce che in virtù di questo punto di vista (che sembra concepire<br />

la matematica classica come uno strumento) alcuni filosofi della matematica<br />

abbiano poi letto Hilbert come uno strumentalista.<br />

16.6 Dopo Gödel<br />

Come già accennato, un’ulteriore aspirazione del Programma di Hilbert,<br />

era la decidibilità. Avrebbe dovuto esistere, secondo lui, un algoritmo per<br />

stabilire la verità o la falsità di ogni enunciato matematico, per lo meno intendendo<br />

“verità” come validità nel sistema assiomatico in cui è formalizzata<br />

la teoria. Questo, ovviamente, sottintende che ogni enunciato sia o “vero” o<br />

“falso”. Nel 1930 Gödel dimostrò che ogni sistema formale consistente e abbastanza<br />

potente da formalizzare l’aritmetica di Peano non può essere completo.<br />

“Peggio” ancora, una conseguenza del secondo teorema di incompletezza è che<br />

una dimostrazione finitaria di consistenza per un sistema formale abbastanza<br />

forte da formalizzare l’aritmetica di base (la matematica finitaria di Hilbert)<br />

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