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Luigi Gualdo - FedOA - Università degli Studi di Napoli Federico II

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Poesia – Musica – Pittura: <strong>Gualdo</strong> e le Tre Arti sorelle<br />

zio – negativo – emerge con forza nella cronaca <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, quando descrive la<br />

reazione della fascia <strong>di</strong> pubblico più alto:<br />

Lo scandalo suscitato dal volumetto fu grande; se ne parlava assai. La critica ritirò<br />

la mano stesa poc’anzi, atteggiò il volto a serietà e crollò il capo. Davanti a certe cru<strong>di</strong>tà<br />

fu pronunciato l’inevitabile: «dove an<strong>di</strong>amo?!…». Molti che pur si credevano spregiu<strong>di</strong>cati<br />

approvarono lo sdegnoso silenzio dei pedanti, le beffe <strong>degli</strong> avversi. I violenti<br />

elogi <strong>degli</strong> amici provocarono le ire <strong>degli</strong> oppositori; <strong>di</strong>venne ar<strong>di</strong>mento l’approvare. 351<br />

Ma anche quella dei lettori (e delle lettrici) <strong>di</strong> livello me<strong>di</strong>o-basso:<br />

Le signore ne parlavano ad occhi bassi, assicurando che «se avessero saputo» non<br />

avrebbero letto; alcune con reticenze malignamente pietose insinuavano che l’autore<br />

fosse pazzo.<br />

Nei crocchi femminili si crollava il capo, si abbassava la voce; mentre gli uomini<br />

gridavano. Altri, ammettendo l’ingegno del temerario, rimpiangevano <strong>di</strong> vederlo fuorviare<br />

e lo si ammoniva in prosa, in versi, in nome dell’arte, dell’amicizia, della morale,<br />

della lingua; gli fu detto ch’era corrotto, corrompitore, indecente, osceno, ignorante. 352<br />

In breve tempo Penombre era stato <strong>di</strong>menticato: così come aveva creato<br />

grande scalpore, con la medesima rapi<strong>di</strong>tà era finito nell’oblio, almeno fino alla<br />

ristampa del 1879, 353 ovvero dell’occasione da cui muove il saggio gual<strong>di</strong>ano.<br />

In effetti, quando per la prima volta aveva parlato <strong>di</strong> Praga al proprio amico<br />

francese Coppée, <strong>Gualdo</strong> aveva riferito che questi si era visto costretto a vivere,<br />

sempre più triste, in estrema solitu<strong>di</strong>ne, in un paese “comme celui-ci où les<br />

«groupes» littéraires dans chaque ville sont composés de quatre in<strong>di</strong>vidus lorsqu’ils<br />

[les i<strong>di</strong>ots] sont nombreux, quelque fois d’un seul”. 354<br />

Tuttavia, a quin<strong>di</strong>ci anni dalla prima e<strong>di</strong>zione, mentre “lo stanco poeta<br />

dorme sottoterra”, queste poesie, <strong>di</strong>venute ormai rare, avevano potuto finalmente<br />

ricevere il giusto apprezzamento: “il libro rinasce” e con lui la memoria dell’autore;<br />

i suoi versi vengono finalmente riletti, ammirati, apprezzati e scusati.<br />

355 Sono forse queste le pagine più belle dell’articolo gual<strong>di</strong>ano, nelle quali lo<br />

spirito critico del giornalista si affianca a quello dell’uomo cosmopolita che in-<br />

351<br />

L. GUALDO, Emilio Praga, cit.<br />

352<br />

Ibidem.<br />

353<br />

E. PRAGA, Penombre, Torino, Casanova, 1877.<br />

354<br />

Lettera IV a François Coppée in P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 201.<br />

355 L. GUALDO, Emilio Praga, cit.<br />

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