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Luigi Gualdo - FedOA - Università degli Studi di Napoli Federico II

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Poesia – Musica – Pittura: <strong>Gualdo</strong> e le Tre Arti sorelle<br />

dentità (neppure il loro nome viene in<strong>di</strong>cato, quasi si trattasse <strong>di</strong> esseri al <strong>di</strong> fuori<br />

del tempo), al cospetto <strong>di</strong> Pietro, il custode della <strong>di</strong>mora abbandonata, che da<br />

anni attende il ritorno dei padroni della villa. Come ha perfettamente messo in<br />

luce Valeria Donato Ramaciotti, “in questa novella non vi è ancora l’irruzione<br />

del perturbante in un contesto <strong>di</strong> realtà” poiché “per la vicenda dei due sconosciuti<br />

lo scrittore ha scelto fin dall’inizio l’immaginario, la <strong>di</strong>mensione contemplativa<br />

del sogno che i due non turbano, ma arricchiscono e completano”. Il fascino<br />

della continua incertezza tra sogno e realtà domina tutta la prima parte<br />

della novella, fino a quando, esattamente a metà della narrazione, “<strong>Gualdo</strong> adotta<br />

un proce<strong>di</strong>mento esattamente contrario” 272 che prevede l’irruzione della realtà<br />

nel sogno: l’anziano guar<strong>di</strong>ano della tenuta si lancia nella spasmo<strong>di</strong>ca ricerca<br />

dei giovani innamorati, ma tutto quello che riese a trovare è soltanto una stanza<br />

vuota, sicché “l’uomo e la donna prolungano il mistero inizialmente come presenza,<br />

in finale come assenza: un’assenza allusiva e beffarda, quasi uno scherzo<br />

sapiente verso la ragione, la logica <strong>degli</strong> eventi e la legalità dei rapporti”. 273<br />

Già poco prima dell’uscita de La Gran Rivale e altri racconti, <strong>Gualdo</strong>, con<br />

il primo romanzo francese, Une ressemblance, aveva palesato il mutamento (o<br />

meglio l’evoluzione) <strong>di</strong> gusto e la nuova <strong>di</strong>rezione intrapresa dalla sua poetica<br />

in costante sviluppo. Nel saggio de<strong>di</strong>cato da Madrignani alle opere scritte nella<br />

lingua d’elezione dello scrittore, 274 il critico sottolinea l’importanza del tema<br />

del rêve ponendolo in relazione con i frequenti brani paesaggistici, che – <strong>di</strong>versamente<br />

da quelli precedentemente realizzati in versi – appaiono ora avvolti da<br />

un’atmosfera “onirica”. Soprattutto nel testo in questione l’indugio sulle raffigurazioni<br />

dei luoghi non ha nulla <strong>di</strong> “geografico”, dal momento che:<br />

Per quanto preciso nei dettagli e nei contorni, si tratta <strong>di</strong> un paesaggio evocativo,<br />

ma non nella maniera <strong>di</strong>retta e protagonistica tipica della maniera romantica. Dalla descrizione<br />

emana un’aura che esclude il romanzo realistico. Siamo agli antipo<strong>di</strong> del regime<br />

stilistico <strong>di</strong> Zola col suo <strong>di</strong>segno pienamente espressivo. […]. L’effetto complessivo<br />

è quello <strong>di</strong> certi quadri <strong>di</strong> piccole <strong>di</strong>mensioni in cui la prospettiva colloca gli elementi<br />

singoli in una lucente nebbiolina che fascia la visione dell’insieme senza <strong>di</strong>minuirne<br />

la visibilità. 275<br />

272<br />

V. DONATO RAMACIOTTI, L’amico <strong>di</strong> Robert, cit., p. 49-50.<br />

273<br />

Ibidem.<br />

274<br />

C. A. MADRIGNANI, I romanzi francesi <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, in AA. VV., <strong>Stu<strong>di</strong></strong> offerti a<br />

<strong>Luigi</strong> Blasucci dai colleghi e dagli allievi pisani, Lucca, Pacini Fazzi, 1996, pp. 351-364.<br />

275<br />

Ivi, p. 354.<br />

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