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Luigi Gualdo - FedOA - Università degli Studi di Napoli Federico II

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Poesia – Musica – Pittura: <strong>Gualdo</strong> e le Tre Arti sorelle<br />

aspetti che testimoniano una conoscenza <strong>di</strong>retta e personale palesata con evidenza,<br />

oltre che attraverso espliciti riferimenti, nelle particolareggiate descrizioni<br />

fisiche, psicologiche e comportamentali dell’uomo e dell’artista, in un’analisi<br />

che contempla nel dettaglio soprattutto la <strong>di</strong>mensione privata, demistificando<br />

alcuni luoghi comuni sorti intorno alla stereotipata idea <strong>di</strong> poeta satanico<br />

e mau<strong>di</strong>t su cui si fondava la stigmatizzata figura del personaggio pubblico.<br />

Nel suo intervento <strong>Gualdo</strong> esor<strong>di</strong>sce con la narrazione delle origini della<br />

doppia formazione praghiana, pittore prima ancora che poeta, 324 all’epoca in cui<br />

“molti anni or sono il pittore <strong>Luigi</strong> Riccar<strong>di</strong>, […], dava lezioni ad un giovinetto<br />

pallido, dal viso sparuto e intelligente, il quale voleva essere artista”; 325 il maestro,<br />

tuttavia, aveva sconsigliato al suo allievo <strong>di</strong> intraprendere la carriera da lui<br />

prescelta, sia perché temeva che egli potesse “accorarsi” ad una <strong>di</strong>sciplina a parer<br />

suo già troppo ingombra <strong>di</strong> sfortunati e inetti, sia perché dubitava <strong>di</strong> <strong>di</strong>scernere<br />

nel <strong>di</strong>scepolo una vera vocazione. Un giorno Riccar<strong>di</strong>, trovando “frammezzo<br />

agli schizzi e agli abbozzi, alcuni versi scritti con la matita sovra un pezzo<br />

<strong>di</strong> carta da <strong>di</strong>segno”, 326 da arguto osservatore qual era, aveva persuaso il giovane<br />

a percorrere un nuovo sentiero e a coltivare la poesia, arte in cui, a suo parere,<br />

avrebbe certamente eccelso. Era stato così che Emilio Praga, a malincuore,<br />

aveva abbandonato la pittura e si era de<strong>di</strong>cato a scrivere versi fino a quando,<br />

non molto tempo dopo le parole pronunciate dal maestro d’arte, con coraggio (e<br />

incoscienza) giovanile, aveva pubblicato un volume <strong>di</strong> versi in cui le Arti sorelle<br />

avevano continuato a convivere, tanto che egli, “credendosi ancora pittore,<br />

[lo] intitolò Tavolozza”: la sua era stata un’operazione molto ar<strong>di</strong>ta, soprattutto<br />

se si pensa, osserva <strong>Gualdo</strong>, che l’uscita della raccolta era avvenuta in tempi in<br />

cui nessuno osava più stampare un libro <strong>di</strong> poesia; erano quelli tempi in cui<br />

324 Il biografo <strong>di</strong> Arrigo Boito parlando della tendenza <strong>di</strong> Emilio Praga a valicare, sul modello<br />

baudelairiano, i confini tra più <strong>di</strong>scipline artistiche, afferma dopo aver citato alcuni suoi<br />

versi tratti da Tavolozza: “Poeta e pittore ho detto. Ma forse meglio sarebbe <strong>di</strong>re poeta pittore”<br />

perché alcuni suoi componimenti sono “un bell’esempio <strong>di</strong> colore che tende a spostare la linea”<br />

nel tentativo <strong>di</strong> dare “anche in poesia, la pura impressione coloristica, abolendo il <strong>di</strong>segno” (P.<br />

NARDI, Vita <strong>di</strong> Arrigo Boito, Milano, Mondadori, 1942, p. 120).<br />

325 L. GUALDO, Emilio Praga, cit.<br />

326 Ibidem. Questi frammenti – pittorici e cesellati – daranno vita ai versi <strong>degli</strong> Schizzi a<br />

penna, pubblicati sulla «Rivista minima» nel 1865, ora in ristampa moderna a cura <strong>di</strong> E. Paccagnini<br />

(Roma, Salerno E<strong>di</strong>trice, 1993).<br />

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