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Luigi Gualdo - FedOA - Università degli Studi di Napoli Federico II

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L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

sonaggi tanto veri ch’essi rimangono eternamente giovani (mentre coloro che<br />

vissero davvero in quegli anni ha già coperto l’oblio)” – nella figura <strong>di</strong> Balzac<br />

stesso, che, nella notte, “curvo sotto la lampada sempre accesa, scrive febbrilmente<br />

quei quaranta volumi immortali, in cui dà la vita <strong>di</strong> quell’arte a quel<br />

mondo che con l’occhio visionario, più ancora che osservatore, egli vedeva<br />

dalla sua finestra chiusa! Ed è ciò che la Corrispondenza ora apparsa ne mostra.<br />

Vi ricordate quei quadri antichi dove il pittore ha ingenuamente <strong>di</strong>pinto se stesso<br />

in un angolo della tela?”. 72 Quell’occhio visionario prima ancora che osservatore<br />

rappresenta ciò che più <strong>di</strong> tutto doveva aver colpito il critico – e il narratore<br />

– <strong>Gualdo</strong> (il cui rapporto con la scrittura sarà sempre complicato dal regard<br />

rêveur con cui egli era solito scrutare il mondo) poiché tornerà ad essere sottolineato,<br />

a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> circa <strong>di</strong>eci anni, attraverso un paragone che egli instaurerà<br />

con un altro autore profondamente amato, quel Barbey d’Aurevilly che, “contemporaneo<br />

ed entusiasta del sommo Balzac”, verrà in<strong>di</strong>cato – all’interno <strong>di</strong> un<br />

articolo che poc’anzi si era <strong>di</strong> proposito omesso <strong>di</strong> citare – come colui il quale<br />

“vedeva come lui ogni cosa più grande del vero, quasi avesse fissa nell’occhio<br />

una lente da microscopio” dal momento che, <strong>di</strong>rà poi <strong>Gualdo</strong> in maniera ancor<br />

più specifica e corrispondente, “quanto lui era visionario”. 73<br />

Ancor più della splen<strong>di</strong>da biografia realizzata da Gautier o del prezioso libro<br />

<strong>di</strong> Léon Gozlan, 74 le pagine della corrispondenza <strong>di</strong> Balzac sono in grado <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>mostrare, secondo <strong>Gualdo</strong>, che l’uomo che si cela <strong>di</strong>etro i vari capitoli della<br />

Comé<strong>di</strong>e humaine è presente con vivida luce al loro interno in quanto vero al<br />

pari della sua opera e dei personaggi da lui creati. Quel narratore è, <strong>di</strong>fatti, lo<br />

stesso uomo che si era a lungo arrovellato attorno al doppio ed affannoso desiderio<br />

che in vita aveva espresso molte volte e che viene <strong>di</strong>chiarato anche in una<br />

delle prime lettere a sua sorella nella domanda « Laure, mes deux seuls et immenses<br />

désirs, être célèbre et être aimé, seront-ils jamais satisfait? », 75 un quesito<br />

al quale il recensore italiano avrebbe probabilmente voluto rispondere fa-<br />

72 Ibidem (corsivo mio).<br />

73 ID., Barbey d'Aurevilly, in «Corriere della Sera», 5-6 maggio 1889, p. 2.<br />

74 L. GOZLAN, Balzac en pantoufles, Paris, Michel Levy, 1862.<br />

75 L. GUALDO, Pubblicazioni. Correspondance de H. de Balzac, cit. È senza dubbio significativo<br />

che <strong>Gualdo</strong> abbia scelto <strong>di</strong> riportare questo passo <strong>di</strong> questa lettera il cui tema centrale<br />

è il medesimo con cui si apre il volume <strong>di</strong> Gozlan che il critico stesso cita all’interno del suo<br />

articolo: “Il est rare que les hommes de quelque valeur, pervenus à un âge sérieux de la vie, ne<br />

se préoccupent pas, même à leur insu, de la physionomie et de l’attitude qu’ils auront dans le<br />

monde quand ils n’existeront plus que par leur nom”.<br />

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