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Luigi Gualdo - FedOA - Università degli Studi di Napoli Federico II

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L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

tagonista dell’opera, dal naturalismo e dal realismo borghese verso le zone patetiche<br />

e inquiete del decadentismo. Così, “muovendosi al margine <strong>di</strong> certe analogie<br />

e congenialità decadenti, grosso modo da Gautier a d’Annunzio a Wilde<br />

[…] e rasentando insieme le secche e gli incagli dello psicologismo residuo alla<br />

Bourget” 485 – pur ancora presente se Montale ritiene che le pagine migliori <strong>di</strong><br />

Decadenza siano da leggersi come “cartelle cliniche scritte da un poeta” 486 –<br />

<strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, secondo Bertacchini, nell’ultimo suo romanzo:<br />

[…] giunge a rarefare le sue immagini, a penetrarle <strong>di</strong> una pensosità, <strong>di</strong> una versatilità<br />

e fluenza mentale […] per cui il tono nuovo, la partecipazione lenta ma fattiva<br />

dell’autore alla sostanza esistenziale dei suoi personaggi, quel guardare ogni volta ad<br />

essi con «l’inesauribile indulgenza dell’uomo poco felice», può derivare le sue linee<br />

dall’investimento, dal sondaggio replicato e insistente <strong>di</strong> un’atmosfera, <strong>di</strong> un motivo<br />

tematico fisso, come il paesaggio, oppure il profilo <strong>di</strong> un volto. 487<br />

E, riallacciandoci a quest’ultima specialità dello stile narrativo <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>,<br />

ovvero alla sua bravura nella descrizione dei visi – che nasce dall’attenzione<br />

talvolta quasi ossessiva dell’autore per i volti umani –, prima <strong>di</strong> passare agli ultimi<br />

due articoli che il milanese de<strong>di</strong>cò a Bourget, resta da affrontare ancora<br />

un’ultima parte (che è poi, in verità, quella <strong>di</strong> apertura) del saggio gual<strong>di</strong>ano finora<br />

analizzato nella sua duplice versione: resta, insomma, da illustrare ancora<br />

il ritratto <strong>di</strong> Paul Bourget ad opera <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>. Questo ritratto ha la particolarità<br />

<strong>di</strong> esser realizzato immaginando lo scrittore francese all’età <strong>di</strong> <strong>di</strong>ciotto<br />

anni, quando, nel lontano 1873, aveva cominciato a farsi notare tra le promesse<br />

letterarie della rive gauche. Pur connotandosi come descrizione fisica, il modo<br />

in cui è rappresentata l’immagine del viso del giovane francese, così come viene<br />

a delinearsi nella mente del lettore attraverso le parole <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, lascia trasparire<br />

importanti aspetti anche del carattere e della personalità dello scrittore:<br />

Somigliava un poco all’Antinoo del Louvre, 488 benché i lineamenti fossero più<br />

grossi; la sua fronte precocemente pensosa si adombrava <strong>di</strong> folti capelli castani <strong>di</strong>visi<br />

485 R. BERTACCHINI, Ritorno <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit. p. 81.<br />

486 E. MONTALE, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit. p. 3.<br />

487 R. BERTACCHINI, Ritorno <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit. p. 81.<br />

488 È curioso notare come anche l’aspetto fisico dello stesso <strong>Gualdo</strong>, nel necrologio a lui<br />

de<strong>di</strong>cato firmato da La Cagoule (pseudonimo sotto il quale potrebbe celarsi molto probabilmente<br />

lo stesso Paul Bourget che sulla rivista in questione scriveva fin dall’inverno del 1892) su<br />

«L’Echo de Paris» del 27 maggio 1898, sia stato messo a confronto con la medesima opera<br />

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