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Luigi Gualdo - FedOA - Università degli Studi di Napoli Federico II

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Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

Boito lodò l’opera dell’amico, racconta sempre De Roberto, ma la giu<strong>di</strong>cò<br />

senza mezzi termini inadatta alle scene; Treves, nonostante la massima che governava<br />

la sua vita umana e lavorativa – je prends mon bien où je le trouve –<br />

era piuttosto tra<strong>di</strong>zionalista quanto a gusti teatrali e pertanto <strong>di</strong>ede anch’egli un<br />

parere del tutto contrario; Eugenio Torelli-Viollier rappresentò invece il buon<br />

profeta dalla vista acuta, dal momento che fu l’unico tra i presenti a sentenziare<br />

che l’opera doveva esser portata in teatro perché vi avrebbe immancabilmente<br />

trionfato. Restava infine <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, il quale – cosa affatto insolita data la sua<br />

natura ed il suo frequente ruolo <strong>di</strong> critico – decise <strong>di</strong> non esprimersi sull’argomento<br />

giu<strong>di</strong>candosi troppo incerto. 67 Non è da escludersi che, in questa specifica<br />

occasione, la sua valutazione poté essere influenzata dal parere <strong>di</strong> Boito che,<br />

esperto più <strong>di</strong> tutti i presenti in questioni <strong>di</strong> ambito teatrale e fra <strong>di</strong> essi certamente<br />

l’amico più stretto (e più rispettato) <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, mai sarebbe riuscito ad<br />

apprezzare un lavoro in cui era assente il melodramma ed in cui la realtà aveva<br />

un peso troppo ingombrante per poter essere in sintonia con il suo temperamento<br />

romantico, “anelante <strong>di</strong> spaziare nelle superne regioni della fantasia”. 68<br />

Analogamente a Boito, ma per altre vie, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> non apprezzava gli<br />

eccessi del realismo contemporaneo: forse in virtù dei frequenti contatti a Parigi<br />

con il circolo <strong>di</strong> Mendès ed Here<strong>di</strong>a, egli aveva sviluppato e si era fatto portavoce<br />

<strong>di</strong> un concetto <strong>di</strong> Bellezza parnassianamente inteso sicché, per sua indole<br />

più incline ad una trascrizione poetica della realtà, potrebbe non esser stato del<br />

tutto persuaso dalla cruda rappresentazione <strong>di</strong> alcune scene della Cavalleria rusticana.<br />

Perfettamente calzante, a proposito <strong>di</strong> questa <strong>di</strong>vergenza <strong>di</strong> ideali narrativi<br />

(e, in parte, anche esistenziali), il parallelo proposto da Gaetano Mariani tra<br />

la Narcisa <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, protagonista dell’omonima novella, e Narcisa Val<strong>di</strong>eri,<br />

personaggio <strong>di</strong> Una peccatrice <strong>di</strong> Verga. Nella sua Storia della Scapigliatura,<br />

infatti, il critico sottolinea come queste due donne, entrambe innamorate della<br />

propria immagine, vengano descritte dai rispettivi autori secondo un ideale <strong>di</strong><br />

bellezza che, soltanto in apparenza simile, presuppone un’intensa <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong><br />

fondo: mentre la Narcisa gual<strong>di</strong>ana, possedendo la calma imperturbabile del<br />

marmo, rappresenta un ideale <strong>di</strong> perfezione assoluto, la Narcisa verghiana è invece<br />

descritta con tutte le sue imperfezioni che, proprio in quanto tali, coprono<br />

67 Ivi, pp. 190-195.<br />

68 C. MUSUMARRA, Introduzione a F. DE ROBERTO, Casa Verga e altri saggi ver-<br />

ghiani, cit., p. 16.<br />

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