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Luigi Gualdo - FedOA - Università degli Studi di Napoli Federico II

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Poesia – Musica – Pittura: <strong>Gualdo</strong> e le Tre Arti sorelle<br />

Per lui la parola domani non giunse giammai a perdere la sua magia. Sempre aveva<br />

trovato un nuovo e<strong>di</strong>tore, un nuovo congegno per giungere alla fortuna, per forzare i<br />

critici a <strong>di</strong>r bene <strong>di</strong> lui, la folla ad applau<strong>di</strong>rlo. Chi lo conobbe da vicino ricorda<br />

l’infelice conato dei versi francesi ed i sogni basati su tale illusione. Ma la più duratura<br />

fu quella del teatro. 377<br />

Dopo il fallimentare primo esperimento delle Madri galanti, che, come si è<br />

detto era stato composto in collaborazione con Boito all’epoca <strong>degli</strong> esor<strong>di</strong>, egli<br />

aveva infatti tenacemente voluto continuare a lavorare per il teatro, persino come<br />

librettista, accumulando, tuttavia, soltanto clamorosi insuccessi; ma se “non<br />

si convinse mai <strong>di</strong> essere un autore drammatico” (o piuttosto che bisognasse esserlo<br />

“per riuscire davanti ad una platea”), 378 era destino che noto comme<strong>di</strong>ografo<br />

sarebbe <strong>di</strong>ventato, invece, il figlio Marco, quel bimbo che fa capolino in<br />

tanti suoi versi. 379 Nei drammi <strong>di</strong> Praga padre, afferma <strong>Gualdo</strong>, “non scorgevasi<br />

altro che il poeta spostato” che, nonostante tutto, perdurava a mettersi alla prova:<br />

“gli insuccessi non lo guarivano punto”, per cui, una volta riacquisita fiducia,<br />

<strong>di</strong> volta in volta, grazie “alla stretta <strong>di</strong> mano del capocomico, al sorriso della<br />

prima attrice, alle parole <strong>di</strong> incoraggiamento <strong>di</strong> un collega”, 380 Praga era tornato<br />

a cimentarsi in nuovi esperimenti drammaturgici. Tuttavia quando morì, a<br />

soli trentasei anni, ancora nessuna sod<strong>di</strong>sfazione gli era stata regalata dal mondo<br />

del teatro; al contrario, come <strong>di</strong>mostra l’intero articolo gual<strong>di</strong>ano, era la sua<br />

lezione <strong>di</strong> poeta destinata a non restare inascoltata, soprattutto tra gli autori della<br />

stessa sua generazione e <strong>di</strong> quella imme<strong>di</strong>atamente successiva, ai quali egli<br />

aveva programmaticamente lasciato in ere<strong>di</strong>tà “il meglio che mi resta ancora / il<br />

pio desir <strong>di</strong> una celeste aurora / dei pedanti il <strong>di</strong>sprezzo”. 381 Certo <strong>Gualdo</strong>, da<br />

questo punto <strong>di</strong> vista, si configura come uno dei suoi migliori ere<strong>di</strong> (e, forse,<br />

proprio in virtù <strong>di</strong> una forma <strong>di</strong> immedesimazione, egli ha cercato <strong>di</strong> riscattare<br />

la figura e l’opera dell’amico, tentando <strong>di</strong> restituirne con il suo articolo, un’immagine<br />

sincera e finalmente apprezzata) se si considerano le sorti a lui toccate<br />

quando, ad esempio, a causa delle sue lunghe permanenze in Francia, delle tante<br />

amicizie d’oltralpe e della sua produzione bilingue, era stato spesso infonda-<br />

341.<br />

377<br />

Ibidem.<br />

378<br />

Ibidem.<br />

379<br />

Cfr. AA. VV., Le più belle pagine <strong>di</strong> Emilio Praga, Milano, Garzanti, 1940, p. 243.<br />

380<br />

L. GUALDO, Emilio Praga, cit.<br />

381<br />

E. PRAGA, Al mio erede, in Poesie, a cura <strong>di</strong> M. Petrucciani, Bari, Laterza, 1969, p.<br />

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