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Luigi Gualdo - FedOA - Università degli Studi di Napoli Federico II

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Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

cio dall’eru<strong>di</strong>to Dante Petaccia nel 1948; la più nota <strong>di</strong> queste lettere, che ha<br />

conosciuto anche successive ristampe, risale al 1897, 96 mentre non semplice risulta<br />

datare gli altri testi epistolari raccolti all’interno <strong>di</strong> questa plaquette (e così,<br />

fortunatamente, scampati all’oblio), provenienti dai luoghi più svariati delle<br />

tournées dell’attrice e in<strong>di</strong>rizzati all’amico altrettanto cosmopolita: ci è giunta<br />

in questo modo notizia delle lettere che da palazzo Desdemona <strong>di</strong> Venezia lei<br />

“gli scrive e riscrive per avere notizie”, 97 <strong>di</strong> un biglietto spe<strong>di</strong>to dalla capitale<br />

austriaca, dove, appena uscita da teatro, la Duse fa sapere a <strong>Gualdo</strong> che “Vienna<br />

è tutta in festa”, che ci sono “gran<strong>di</strong> ban<strong>di</strong>ere nell’aria”, “corse <strong>di</strong> fiori <strong>di</strong> giorno<br />

in giorno e lampioni accesi ogni sera”. 98 Di particolare interesse sono però soprattutto<br />

gli ultimi due documenti, su cui si tornerà, riportati da Petaccia perché<br />

testimoniano il fondamentale ruolo <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> come consigliere delle letture<br />

dell’attrice: il primo risulta partito da Il Cairo e contiene una richiesta <strong>di</strong> libri<br />

(purché, scrive la <strong>di</strong>va, non si tratti <strong>di</strong> testi <strong>di</strong> quel d’Annunzio tanto caro a<br />

<strong>Gualdo</strong>), 99 mentre il secondo, infine, consiste in una breve lettera nella quale la<br />

Duse ringrazia l’amico per l’invio <strong>di</strong> una sua non meglio specificata opera –<br />

non è possibile comprendere <strong>di</strong> quale scritto si tratti neppure attraverso la data,<br />

vista l’assenza <strong>di</strong> una precisazione in merito nella parte <strong>di</strong> testo citata da Petaccia<br />

– rimproverandolo, però, a causa della de<strong>di</strong>ca apposta sul volume e giu<strong>di</strong>cata<br />

troppo pomposa (ma al tempo stesso lusingandolo con vivaci espressioni del<br />

proprio intenso affetto).<br />

Non resta, invece, testimonianza alcuna <strong>di</strong> quanto l’autore milanese avrebbe<br />

inviato all’attrice, sebbene paia trattarsi <strong>di</strong> un considerevole numero <strong>di</strong> lettere<br />

alle quali Eleonora (non solo in qualità <strong>di</strong> destinataria, ma anche <strong>di</strong> mittente)<br />

fa continui riferimenti negli altri suoi epistolari, specie in quello con Boito. 100<br />

96<br />

La lettera della Duse, del luglio 1897, aveva avuto <strong>di</strong>ffusione, prima <strong>di</strong> essere smarrita,<br />

attraverso la pubblicazione <strong>di</strong> D. PETACCIA in Un sonetto ine<strong>di</strong>to <strong>di</strong> Gabriele d’Annunzio a<br />

<strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., pp. 12-15. In seguito, prima <strong>di</strong> essere riproposta da Montera, questa stessa<br />

lettera è stata nuovamente stampata da F. GERRA nell’articolo Il dolore della Duse nella gloria<br />

del trionfo, sulle pagine del «Il Messaggero», il 10 agosto 1967 (p. 3).<br />

97<br />

D. PETACCIA, Un sonetto ine<strong>di</strong>to <strong>di</strong> Gabriele d’Annunzio a <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 8.<br />

98<br />

Ibidem.<br />

99<br />

Ibidem.<br />

100<br />

Cfr., a titolo esemplificativo, la lettera della Duse a Boito scritta da Alessandria<br />

d’Egitto il 12 gennaio 1890: “Ho avuto una lettera <strong>di</strong> Gilet bianco in risposta a una mia. Fra le<br />

altre cose <strong>di</strong>ce: Il Commendatore Grasso [Giuseppe Giacosa] – e il Commendatore Magro [Arrigo<br />

Boito] fanno a chi meno lavora dei due – e seguiteranno a NON FINIRE…” (E. DUSE –<br />

A. BOITO, Lettere d’amore, cit., p. 632); o quella, precedente, della stessa al medesimo desti-<br />

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