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Luigi Gualdo - FedOA - Università degli Studi di Napoli Federico II

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L’esperienza cosmopolita del passeur culturel<br />

Posto unico al mondo, la Parigi a cavallo tra i due secoli, era davvero la capitale<br />

culturale d’Europa, il centro che dettava la moda nell’abbigliamento, nelle<br />

arti e nei piaceri della vita, un immenso teatro per se stessa e per chi la osservava<br />

dal <strong>di</strong> fuori, “il palcoscenico dove l’ebbrezza della spettacolarità dava a<br />

ogni azione il duplice significato <strong>di</strong> gesto privato e <strong>di</strong> atto pubblico”. 184 La <strong>di</strong>mensione<br />

teatrale della vita era così <strong>di</strong>ffusa da rischiare, talvolta, ad<strong>di</strong>rittura <strong>di</strong><br />

spaventare lo spettatore venuto dall’estero e non abituato a simili stili <strong>di</strong> comportamento:<br />

ancora una volta le parole <strong>di</strong> Domenico Morelli – lo stesso Morelli<br />

che era rimasto, al contrario, incantato dallo scenario milanese – costituiscono<br />

una preziosa fonte coeva all’esperienza gual<strong>di</strong>ana. Il pittore napoletano, <strong>di</strong>fatti,<br />

accorso nella capitale francese in vista della grande esposizione del maggio<br />

1867 per esibire alcune sue opere, aveva sì cantato altissimi elogi delle possibilità<br />

<strong>di</strong> crescita e carriera artistica consentite da un centro come Parigi, ma era al<br />

tempo stesso rimasto turbato, quasi terrorizzato da quell’in<strong>di</strong>fferentismo “che a<br />

modo francese si chiama libertà in<strong>di</strong>viduale”, 185 un’impassibilità che anche il<br />

ben più francese <strong>Gualdo</strong> denuncerà, alcuni anni più tar<strong>di</strong>, in una lettera del giugno<br />

1888 in<strong>di</strong>rizzata al Verga, nella quale si legge una riflessione analoga:<br />

Ho trovato la grande città politicamente tranquilla – per ora – ed animata assai, ed<br />

in<strong>di</strong>fferente più che mai, in fondo, a tutto, fuorché alla propria vita intensa. 186<br />

La capitale d’oltralpe appare ai loro occhi come un ‘gran mondo artificiale’:<br />

secondo Morelli neppure l’acqua da bere o l’aria da respirare conservano lì<br />

qualcosa <strong>di</strong> naturale, ragion per cui egli finisce col domandarsi perché mai fossero<br />

tutti ansiosi, all’epoca, <strong>di</strong> accorrere e sostare in questa tanto anelata meta.<br />

La risposta che egli stesso fornisce alla propria domanda è più che mai eloquente<br />

e coglie perfettamente nel segno lo spirito profuso, ai suoi tempi, dalla città:<br />

Parigi è un gran bazar <strong>di</strong> uomini e <strong>di</strong> cose; […] è una fiera perpetua, […] ma la vita<br />

in generale costa più che nei paesi meno progre<strong>di</strong>ti. I bisogni crescono senza ragione,<br />

poiché il benessere è lo stesso – anzi bisogna lavorare e guadagnare <strong>di</strong> più per pro-<br />

184 Ivi, p. 36.<br />

185 Carte Morelli <strong>II</strong>/34. Lettera <strong>di</strong> Domenico Morelli a Sebastiano Giordano datata “Parigi<br />

– Maggio ‘67”. Il documento è un’accurata testimonianza dell’Esposizione Universale 1867.<br />

186 Lettera 20 <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> a Giovanni Verga intestata “Paris, 11 rue de la Paix, 3 giugno<br />

[1888]” e pubblicata in G. RAYA, Ine<strong>di</strong>ti verghiani. Ventisei lettere <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, in<br />

«Otto/Novecento», a. V<strong>II</strong>I, n. 3/4, maggio-agosto 1984, p. 140 (corsivi miei).<br />

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