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Luigi Gualdo - FedOA - Università degli Studi di Napoli Federico II

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L’esperienza cosmopolita del passeur culturel<br />

continuare a far parte del ceto nobiliare, non poteva più celebrare quei matrimoni<br />

‘misti’ con i quali, per lungo tempo, essa aveva conservato i propri privilegi<br />

economici. In seguito all’operato delle Commissioni aral<strong>di</strong>che ottocentesche<br />

“l’area nobiliare lombarda e veneta cessò <strong>di</strong> essere autofondata” 124 sicché<br />

la Corte rimase luogo assai scarsamente frequentato dall’aristocrazia settentrionale<br />

dal momento che quest’ultima preferì ritirarsi nella vita dei propri salotti.<br />

Il <strong>di</strong>ssolversi <strong>di</strong> uno spazio comune tra monarchia ed aristocrazia rappresentò,<br />

pertanto, il fondamento della <strong>di</strong>ffusione dei salotti privati, del loro prestigio,<br />

ma anche della loro autorevolezza. Allontanata giocoforza dalla vita della<br />

corte viennese, la nobiltà milanese costituì una sorta <strong>di</strong> “contro-corte” 125 che<br />

prese vita all’interno delle lussuose magioni urbane delle famiglie un tempo patrizie,<br />

le quali assai raramente concessero libero accesso alle loro riunioni a<br />

quella nobiltà austro-boema che, per incarichi funzionariali o militari, annoverava<br />

vari suoi rappresentanti sparsi nelle città lombarde. In questo modo l’aristocrazia<br />

milanese riuscì a fondare in se stessa il senso della propria esistenza e<br />

della propria superiorità sociale, ponendosi nei confronti del monarca “come un<br />

pianeta che si è staccato dal proprio sole”. 126<br />

Sebbene nella Milano <strong>di</strong> questi anni nessuna forma aggregativa prevalesse<br />

sulle altre e continuassero a riscuotere gran successo le Accademie – luoghi tra<strong>di</strong>zionalmente<br />

deputati al confronto intellettuale – e nuovi luoghi pubblici <strong>di</strong> cui<br />

si è a lungo parlato – come le osterie, i bar e le bottiglierie – mostrassero una<br />

loro particolarissima vitalità, il vero spazio a<strong>di</strong>bito alla conversazione <strong>di</strong>venta la<br />

casa, luogo privato per eccellenza. “La casa <strong>di</strong>viene il centro della vita dell’in<strong>di</strong>viduo”<br />

127 ed il suo salotto il luogo privilegiato dello scambio e del confronto<br />

culturale, della conversazione dotta e dell’incontro mondano, passaggio obbligato<br />

nell’itinerario dell’educazione alla socialità <strong>di</strong> ogni intellettuale, il posto,<br />

infine, in cui si andava creando “un nuovo carattere italiano, non più <strong>di</strong> sud<strong>di</strong>to,<br />

ma <strong>di</strong> citta<strong>di</strong>no cosciente <strong>di</strong> poter sempre far valere e <strong>di</strong>fendere e riven<strong>di</strong>care i<br />

suoi <strong>di</strong>ritti, <strong>di</strong> poter professare e sostenere le proprie opinioni”. 128 Anello <strong>di</strong> me-<br />

124<br />

Ivi, p. 136.<br />

125<br />

Ibidem.<br />

126<br />

M. T. MORI, Salotti. La sociabilità delle élites nell’Italia dell’Ottocento, cit., p. 67.<br />

127<br />

M. I. PALAZZOLO, I salotti <strong>di</strong> cultura nell’Italia dell’800. Scene e Modelli, Milano,<br />

Franco Angeli, 1985, p. 16.<br />

128<br />

G. SQUARCIAPINO, Società e letteratura ai tempi <strong>di</strong> Angelo Sommaruga, con presen-<br />

tazione <strong>di</strong> P. P. Trompeo, Torino, Einau<strong>di</strong>, 1950, p. 76.<br />

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