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Luigi Gualdo - FedOA - Università degli Studi di Napoli Federico II

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Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

la donna aveva, invece, fatto credere che Adelchi si fosse innamorato <strong>di</strong> un’altra<br />

persona. A questo punto, “precisamente” 234 come accade nel testo gual<strong>di</strong>ano,<br />

anziché Massimo compare Ippolito che, vedendo Igina “sgomenta della propria<br />

sorte, impaurita dalle nozze che aborre” 235 le giura <strong>di</strong> salvarla e si <strong>di</strong>ce <strong>di</strong>sponibile<br />

a qualunque risoluzione pur <strong>di</strong> fare del bene. Nel romanzo <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> è questo<br />

il momento in cui Elisa confessa a Massimo il suo amore per Giulio, così<br />

come “perfettissimamente, senza che manchi un pelo”, 236 nell’opera <strong>di</strong> Torelli<br />

la giovane Igina, invece <strong>di</strong> nascondere il proprio segreto a chi si era offerto <strong>di</strong><br />

trarla in salvo con un matrimonio <strong>di</strong> facciata, decide <strong>di</strong> svelare ad Ippolito la<br />

sua passione per Adelchi. La comme<strong>di</strong>a si chiude con un duetto finale che ripropone<br />

letteralmente la scena conclusiva del Mariage in cui <strong>Gualdo</strong> pone il<br />

lettore <strong>di</strong>nnanzi ad un palli<strong>di</strong>ssimo Massimo che chiede a sua moglie “Elisa,<br />

pensez-vous souvent a lui?”, domanda <strong>di</strong> fronte alla quale la donna, scoppiando<br />

in lacrime, si getta tra le sue braccia e gli professa la propria sincera devozione.<br />

La vicenda proposta da Torelli, come risulta ormai evidente, è frutto <strong>di</strong> un<br />

palese plagio, anche se va detto che nel presente raffronto tra le trame delle due<br />

opere si è dovuto necessariamente fare costante riferimento alle parole con cui<br />

lo sconosciuto C. R. ha esposto nella sua lettera al «Fanfulla» l’argomento del<br />

Matrimonio d’un matto e questo perché, allo stato attuale, risulta praticamente<br />

impossibile consultare il testo originale della comme<strong>di</strong>a, poiché, tanto in forma<br />

manoscritta quanto in quella a stampa, il suo copione è oggi praticamente introvabile:<br />

non ne esiste nessun esemplare superstite tra archivi, enti e biblioteche<br />

italiane, neppure nella sezione Lucchesi-Palli (<strong>di</strong> cui Torelli era stato <strong>di</strong>rettore<br />

dal 1897 al 1900) della Biblioteca Nazionale <strong>di</strong> <strong>Napoli</strong> “Vittorio Emanuele <strong>II</strong>I”,<br />

dove sono custo<strong>di</strong>te la gran parte delle carte e dei documenti del Fondo Achille<br />

Torelli. Si aggiunga poi, altra stranezza, che il titolo de Il matrimonio d’un matto<br />

appare il più delle volte omesso negli elenchi delle opere del comme<strong>di</strong>ografo,<br />

ivi comprese le monografie a lui interamente de<strong>di</strong>cate; altrettanto curioso, infine,<br />

che quest’opera non venga mai menzionata nelle lettere presenti nei numerosi<br />

carteggi del comme<strong>di</strong>ografo che, per giunta, mostrano un’insolita ‘lacuna’,<br />

un totale vuoto <strong>di</strong> documentazione proprio negli anni relativi alla vicenda del<br />

plagio, quasi che l’autore avesse voluto obliare le tristi sorti toccate in tale occasione<br />

a se stesso e al proprio testo.<br />

234 Ivi, p. 3.<br />

235 Ibidem.<br />

236 Ibidem.<br />

259

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