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Luigi Gualdo - FedOA - Università degli Studi di Napoli Federico II

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Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

sonificazione <strong>di</strong> Amleto, dall’altro muovendo invece alcune critiche a quella del<br />

Re Lear (però solo sulle pagine de «L’Illustrazione Universale»).<br />

Nelle vesti <strong>di</strong> Amleto, “la parte in cui Rossi è e rimarrà più popolare”, 13 la<br />

sua rara bellezza plastica, l’armonia dei suoi gesti e delle sue attitu<strong>di</strong>ni, contribuiscono,<br />

sostiene <strong>Gualdo</strong>, a mettere in evidenza tutte le qualità del suo ingegno<br />

e della sua natura e se, come si è già detto, il suo aspetto fisico non combacia<br />

affatto con quello tra<strong>di</strong>zionale del principe danese, ciò poco importa perché il<br />

grande attore non si limita a jouer Hamlet, bensì è ad<strong>di</strong>rittura in grado <strong>di</strong> être<br />

Hamlet: 14 nel noto monologo egli riesce come solo i più famosi interpreti hanno<br />

saputo fare, il suo furore rischiara le tenebre del teatro durante la querelle con la<br />

madre, mentre nella scena dell’epilogo, infine, egli sa essere terribile e insieme<br />

magnifico, e questo perché “il a parfaitement compris l’intention du poëte, qui,<br />

pendant quatre actes, nous montre la rêverie maîtrisant tout”, fino a quando, durante<br />

l’ultimo atto Rossi interpreta la scena del duello conclusivo “avec une beauté<br />

d’attitudes, une ironie désespérée, une concentration de fureur dans la tuerie<br />

[…] qu’il nous semble impossible de surpasser”. 15<br />

Molto meno efficace, d’altro canto, l’interpretazione <strong>di</strong> Rossi nel Re Lear<br />

e, sebbene si tratti <strong>di</strong> un ruolo ostico per tutti coloro che vi si sono cimentati (in<br />

quanto richiede “grande ar<strong>di</strong>mento”) 16 e sia il dramma shakespeariano che più<br />

viene mutilato per essere messo in scena – risultando peraltro il meno apprezzato<br />

e compreso dal pubblico – <strong>Gualdo</strong> imputa la riuscita non ottimale <strong>di</strong> questa<br />

rappresentazione anche allo stesso attore. Nell’articolo viene infatti sostenuto<br />

che questa appare essere l’opera “che Rossi ha meno stu<strong>di</strong>ato”: per quanto il<br />

critico confi<strong>di</strong> che, una volta approfon<strong>di</strong>to lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> questo carattere, il mattatore<br />

livornese riuscirà a perfezionarsi anche in tale ruolo, tuttavia egli confessa<br />

che, allo stato attuale dei fatti sono state evidenti in scena alcune esagerazioni e<br />

convenzionalità. 17 L’artista comunque, nonostante le imperfezioni, ha mostrato<br />

<strong>di</strong> aver “magistralmente compreso lo spirito della parte” quando, entrando in<br />

scena nei panni del vecchio re, ha mostrato fin dal principio che nelle sue vene<br />

13<br />

ID., Ernesto Rossi, cit., p. 93.<br />

14<br />

ID., Représentations de M. Ernesto Rossi, cit., p. 153.<br />

15<br />

Ivi, p. 154.<br />

16<br />

ID., Ernesto Rossi, cit., p. 91.<br />

17<br />

Ivi, p. 93. Sarà proprio dop oaver recitato per la trecentesima volta il personaggio del Re<br />

Lear durante una tournée trionfale in Russia che Ernesto Rossi morirà il 4 giugno 1896. Desumo<br />

questa notizia da L. BRAGAGLIA, Shakespeare in Italia. Personaggi ed interpreti (1792-<br />

2005), Bologna, Persiani, 2005, p. 235.<br />

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