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Luigi Gualdo - FedOA - Università degli Studi di Napoli Federico II

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L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

talvolta al rispetto fiscale della documentazione raccolta e, per raggiungere una<br />

maggiore riuscita letteraria, non esita a giocare un po’ con i suoi dati, mo<strong>di</strong>ficandoli<br />

<strong>di</strong> tanto in tanto. E dunque, così come in Une page d’amour egli non si<br />

era curato <strong>di</strong> commettere qualche anacronismo – ed anzi aveva strenuamente<br />

<strong>di</strong>feso le sue scelte contro coloro che lo avevano accusato <strong>di</strong> imprecisioni storiche<br />

– pur <strong>di</strong> realizzare una descrizione del panorama parigino quale egli l’aveva<br />

immaginata e desiderata, allo stesso modo sceglie volontariamente <strong>di</strong> collocare<br />

sul timpano del portale principale della cattedrale <strong>di</strong> Beaumont un ciclo scultoreo,<br />

raffigurante la storia <strong>di</strong> Sant’Agnese, che in realtà non esiste. Emblema esistenziale<br />

per Angélique, come si è anticipato, e al tempo stesso suo alter ego,<br />

questa martire – o meglio la sua statua – va a sostituire il Cristo in gloria che a<br />

tutt'oggi sormonta il portale romanico della chiesa del piccolo paesino della Picar<strong>di</strong>a<br />

in cui è ambientata la vicenda del Rêve: questa imprecisione, che Zola si<br />

concede al principio del romanzo, non è chiaramente un semplice vezzo artistico,<br />

poiché serve a dare fin dall’inizio un senso alla vita ed alla storia della protagonista<br />

e soprattutto all’epilogo della sua vicenda. L’assunzione al cielo della<br />

martire, infatti, rappresenta un’anticipazione del destino della protagonista del<br />

romanzo, dal momento che, viene a crearsi una simmetria tra la santa che, una<br />

volta ascesa al cielo, raggiunge Gesù, il suo sposo ed Angélique che, solcato il<br />

portale della chiesa (che rappresenta l’uscita dal mondo del sogno e l’ingresso<br />

nella realtà, dove l’ideale finisce per essere <strong>di</strong>silluso), dopo le nozze, muore nel<br />

suo abito bianco – “mais toute cette blancheur est une blancheur de morte” 304 –<br />

tra le braccia del marito Felicien, “car le désire de pureté est refus de la vie”. 305<br />

Ma come si spiega, allora, questa deriva lirica <strong>di</strong> Zola? Attraverso la scelta<br />

del soggetto dell’opera si è detto. Eppure questa spiegazione da sola non basta;<br />

o meglio, occorrerebbe andare a monte del problema e cercare <strong>di</strong> comprendere<br />

perché Zola abbia deciso <strong>di</strong> rendere il sogno materia del se<strong>di</strong>cesimo volume dei<br />

Rougon-Macquart. Certamente alcuni in<strong>di</strong>zi sono stati già esaminati, primo fra<br />

tutti il love of contrast <strong>di</strong> cui parla Matthews 306 e su cui batte anche Mitte-<br />

304 ID., Préface à E. ZOLA, Le Rêve, cit., p. 21. Al bianco dell’abito da sposa va aggiunto<br />

il candore delle palme bianche, dell’agnello della cerimonia, della statua bianca della Vergine<br />

con il bambino, del corpo <strong>di</strong> neige immaculé <strong>di</strong> Angélique, della luna che illumina la sua stanza<br />

dalle pareti bianche attraverso una finestra che affaccia sulla can<strong>di</strong>da pietra della cattedrale.<br />

305 Ibidem.<br />

306 J. H. MATTHEWS, Zola's “Le Rêve” as an experimental novel, cit., p. 187.<br />

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