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Luigi Gualdo - FedOA - Università degli Studi di Napoli Federico II

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L’esperienza cosmopolita del passeur culturel<br />

<strong>di</strong>azione tra vari strati della società, il salotto milanese del secondo Ottocento<br />

rispecchia la configurazione della stessa città, aperta e cosmopolita, la cui aristocrazia,<br />

meno esclusivista della buona società <strong>di</strong> altri gran<strong>di</strong> centri italiani,<br />

come Torino, accoglie nelle sue file ogni persona onorevole e ben educata e,<br />

come a Londra o a Parigi, dà vita ad una nuova classe, costituita da “un’ampia<br />

pleiade <strong>di</strong> intellettuali dalla più vasta provenienza e dalla più varia attitu<strong>di</strong>ne<br />

culturale”; 129 in un’unica espressione, la futura classe <strong>di</strong>rigente italiana.<br />

Milano sta cambiando, ed il fiorire <strong>di</strong> nuove classi, anche attraverso l’azione<br />

aggregatrice svolta dai suoi salotti, contribuisce a farle assumere un nuovo<br />

volto, moderno ed europeo, esemplarmente colto dal “più parigino della società<br />

milanese”, 130 quel <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> che i suoi contemporanei non esitarono a definire<br />

“il più fine e profondo conoscitore <strong>di</strong> quel mondo cosmopolita” 131 in cui si<br />

svolgono i suoi romanzi. Tracciando, ad esempio, le <strong>di</strong>versità che intercorrono<br />

tra Paolo Renal<strong>di</strong>, avvocato milanese protagonista del suo ultimo lavoro, Decadenza,<br />

e suo fratello Carlo, pittore, <strong>Gualdo</strong> aveva introdotto un’interessante descrizione<br />

dei cambiamenti in atto a Milano, “luogo <strong>di</strong> partenza” della vicenda<br />

(giacché “l’approdo romano in questo caso è solo transitorio”) 132 e città che si<br />

avviava alla massificazione e all’abbattimento delle <strong>di</strong>visioni sociali:<br />

Dacché era a Milano, egli [Paolo] seguiva la lenta trasformazione che la città subisce.<br />

Ed osservava dovunque, tentando anche <strong>di</strong> indovinare ciò che non poteva vedere.<br />

[…]. Così, senza che alcuno glielo in<strong>di</strong>casse, si era fin dal principio accorto del mutamento<br />

graduale per cui la città è avviata a cambiare il carattere che l’aveva resa […]<br />

elegante in una cerchia ristretta, […], aristocratica, o piuttosto esclusiva. S’era avveduto<br />

che, non esiste più – o quasi – una “società” nel senso mondano della parola. E aveva<br />

visto che mentre la vita elegante stava morendo, per un movimento parallelo in senso<br />

inverso cresce la vita propriamente detta: da un lato quella del lavoro, avviando la<br />

città a <strong>di</strong>ventare un grande centro dell’industria; dall’altro, quella del <strong>di</strong>vertimento per<br />

tutti, nelle strade, nei caffè, nei teatri. 133<br />

Non esiste luogo migliore del salon per comprendere la società milanese<br />

del secondo Ottocento. Se finora sono state analizzate le origini <strong>di</strong> questa forma<br />

129<br />

M. T. MORI, Salotti. La sociabilità delle élites nell’Italia dell’Ottocento, cit., p. 63.<br />

130<br />

R. BARBIERA, Giovanni Verga nella vita letteraria e mondana <strong>di</strong> Milano, cit., p. 172.<br />

131<br />

G. ROVETTA, Decadenza <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 1232.<br />

132<br />

G. C. JOCTEAU, Le gerarchie: miti della nobiltà narrativa milanese e lombarda, in<br />

Nobili e nobiltà nell’Italia unita, Bari, Laterza, 1997, p. 230.<br />

133<br />

L. GUALDO, Decadenza, in Romanzi e Novelle, cit., pp. 955-956. Corsivo mio.<br />

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