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Luigi Gualdo - FedOA - Università degli Studi di Napoli Federico II

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Poesia – Musica – Pittura: <strong>Gualdo</strong> e le Tre Arti sorelle<br />

quasi regnava il silenzio nel mondo della lirica, non fosse stato altro che per le<br />

rime del Prati e “la dolce e sapiente armonia <strong>degli</strong> endecasillabi <strong>di</strong> Alear<strong>di</strong>”. 327<br />

Tra i primi ad accorgersi della portata innovativa delle prove d’esor<strong>di</strong>o <strong>di</strong><br />

Praga era stato Antonio Ghislanzoni che, similmente alla maggior parte della<br />

critica coeva, aveva accolto con favore il volume, come <strong>di</strong>mostrano le numerose<br />

recensioni positive apparse sulle riviste milanesi, in cui vengono evidenziate<br />

le due più spiccate caratteristiche dei componimenti praghiani: da un lato si parla<br />

<strong>di</strong> un tipo <strong>di</strong> poesia “innamorata della luce” che ritrae con vigorose pennellate<br />

la realtà esterna, dall’altro viene sottolineata l’importanza dell’ottica dell’autore,<br />

che filtra – partecipando sentimentalmente – con sguardo bello e nuovo<br />

ciò che ritrae nei suoi versi. Difatti, come <strong>di</strong>mostra questo giu<strong>di</strong>zio, e come<br />

racconta lo stesso <strong>Gualdo</strong>, quest’opera adolescenziale <strong>di</strong> Praga riscosse buon<br />

successo tra pubblico e critica e, prima ancora, al cospetto della “piccolissima<br />

adunanza” davanti alla quale il poeta aveva letto in anteprima il suo lavoro e<br />

grazie al quale era stato “acclamato un genio”. 328<br />

Il nostro cronista, forse troppo giovane per poter prender parte a questo evento,<br />

avverte (narrando la reazione <strong>di</strong> quei pochi amici entusiasti e innamorati<br />

delle chimere che avevano composto il piccolo comitato <strong>di</strong> lettura) che l’episo<strong>di</strong>o<br />

gli era stato a sua volta raccontato: in particolare, basandosi su quanto<br />

gli era stato riferito, egli riporta la notizia che, durante l’adunanza, Franco Faccio<br />

avesse lanciato un urlo e Arrigo Boito avesse dato un entusiastico pugno sul<br />

tavolo dopo aver ascoltato alcuni versi che sarebbero poi confluiti in Tavolozza<br />

(Dalle ceneri nostre ancor frementi / Dal vasto incen<strong>di</strong>o che abitò le salme /<br />

Evviva amici! nasceranno ai venti / Platani e palme), benché declamati dal loro<br />

stesso autore in modo impacciato, confuso ed enfatico, quasi che tentasse “<strong>di</strong><br />

far apparire brutte le strofe”. 329 Con ogni probabilità doveva esser stato proprio<br />

Boito, conosciuto non molto tempo dopo questi acca<strong>di</strong>menti, 330 a riferire a<br />

<strong>Gualdo</strong> dello scroscio <strong>di</strong> frenetici applausi e complimenti che aveva interrotto<br />

quella pessima declamazione poetica; il poeta-musicista Boito ed il poeta-pittore<br />

Praga erano infatti già da tempo intimi amici, come <strong>di</strong>mostra il sodalizio<br />

del 1863, anno in cui avevano riunito attorno a sé a Torino un gruppetto <strong>di</strong> stu-<br />

327<br />

L. GUALDO, Emilio Praga, cit.<br />

328<br />

Ibidem.<br />

329<br />

Ibidem.<br />

330<br />

Sull’epoca dei primi rapporti tra Boito e <strong>Gualdo</strong>, cfr., infra, il paragrafo 4.3c Musica,<br />

poesia e teatro: la sintonia d’arte e vita con Arrigo Boito.<br />

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