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Luigi Gualdo - FedOA - Università degli Studi di Napoli Federico II

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I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

inerenti ad ogni tipo <strong>di</strong> questione, dal tema privato a quello professionale, dall’argomento<br />

politico a quello culturale.<br />

Dalle parole <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, in cui il tono bonario, fraterno e confidenziale prevale<br />

su tutti gli altri (per quanto non manchino, si vedrà, anche riflessioni <strong>di</strong> carattere<br />

e stile ben più serio, comprese le privatissime confessioni sul suo stato <strong>di</strong><br />

salute ed i suoi malesseri esistenziali) si evince fin da subito una netta separazione<br />

<strong>di</strong> ruoli tra i due amici: da un lato c’è un Coppée, che ha fatto della passione<br />

letteraria una pratica incessante, vero e proprio mestiere cui de<strong>di</strong>carsi anima<br />

e corpo anche a costo <strong>di</strong> trascurare i propri cari nei momenti <strong>di</strong> totale isolamento<br />

lavorativo; dall’altro, invece, c’è un <strong>Gualdo</strong> troppo spesso vinto da<br />

mille ennuis e dalla propria paresse, che non nasconde al corrispondente un’innocente<br />

invi<strong>di</strong>a per la sua costante de<strong>di</strong>zione alla scrittura, un <strong>Gualdo</strong> che fin<br />

dal principio sintetizza, ironicamente, nei seguenti termini, la tipologia <strong>di</strong> rapporto<br />

intrattenuto con il suo corrispondente, o per meglio <strong>di</strong>re, le caratteristiche<br />

delle sue due componenti: “Vous êtes un ange! – & moi, […], je suis un brute.<br />

Je me méprise profondément à tous points de vue”. 147<br />

La consapevolezza della propria <strong>di</strong>fficoltà nel trovare concentrazione ed<br />

applicazione nel lavoro è, in effetti, un’ammissione ripetuta quasi regolarmente<br />

nella corrispondenza con Coppée: probabile tentativo <strong>di</strong> oggettivare un <strong>di</strong>sagio,<br />

forse flebile sollievo <strong>di</strong>nnanzi alle <strong>di</strong>fficoltà, la <strong>di</strong>chiarazione della propria colpa<br />

nelle righe destinate all’amico è immune da ogni sorta <strong>di</strong> imbarazzo. Egli sa<br />

che quell’uomo “conosciuto da infanzia e da molto prima” comprende le sue<br />

motivazioni e che non c’è alcun sentimento <strong>di</strong> rabbia malcelata nelle sue congratulazioni<br />

per i testi portati a termine. Sono tante le occorrenze <strong>di</strong> <strong>di</strong>scorsi che<br />

lo testimoniano e basterà sfogliare tra le carte Coppée per imbattersi con estrema<br />

facilità in frasi del tipo “vous n’avez donc pas bougé vous avez travaillé!<br />

Vous êtes un heureux sage!” 148 o come “je me réjouis d’apprendre que vous<br />

êtes aussi heureux que possible, puisque vous travaillez. Le travail forcé est<br />

peut-être le meilleur, certainement le seul qu’on fasse régulièrement”. 149 Il conte<br />

<strong>Gualdo</strong> non era soggetto agli stessi obblighi dello scrittore francese, né per<br />

147 Lettera <strong>II</strong>I a Coppée, del 1875. Ivi, p. 190.<br />

148 Lettera XX<strong>II</strong>I allo stesso, da Venezia, del 1888. Ivi, p, 268. Segue, al solito, l’ammissione<br />

della propria inattività (fomentata dal soggiorno nella città in cui al momento risiede, un<br />

luogo che, detta <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, rende ancora più inclini allo spleen): “Moi je mène ici toujours la<br />

même vie très spéciale et amphibie, qui n’est pas sans charme”.<br />

149 Lettera IV, [1875]. Ivi, p. 199.<br />

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