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Luigi Gualdo - FedOA - Università degli Studi di Napoli Federico II

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Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

1948 e contenente una considerevole quantità <strong>di</strong> materiale gual<strong>di</strong>ano <strong>di</strong> cui gli<br />

originali sono andati smarriti. 214 Ad ogni modo, attraverso tale plaquette, è possibile<br />

conoscere le prime tre strofe (che, pare, dovevano essere seguite da altre<br />

quattro) del documento boitiano in risposta alla de<strong>di</strong>ca del componimento delle<br />

Nostalgie, motivo per cui il seguente testo è databile non oltre il 1883:<br />

Amareggiare il calice<br />

Tu vuoi del mio festin.<br />

Tu vuoi colla tua de<strong>di</strong>ca<br />

Lanciar cifra male<strong>di</strong>ca<br />

Sul blando mio destin!<br />

Io temo al par dei me<strong>di</strong>ci<br />

Il rio numero tre<strong>di</strong>ci<br />

Ch’è sparso <strong>di</strong> venen.<br />

Fra i tuoi canti melo<strong>di</strong>ci<br />

Potevi offrirmi il do<strong>di</strong>ci!<br />

Ch’è lirica gentil.<br />

Oppure anche il quattor<strong>di</strong>ci<br />

Che spira venti nor<strong>di</strong>ci<br />

Nel suo funereo stil... 215<br />

Arrigo era solito scrivere lettere, anche se non esclusivamente, in versi,<br />

come testimoniano i suoi carteggi con Giovanni Verga, Vittoria Cima o con<br />

Giulio Ricor<strong>di</strong>, ma solo con gli intimi suoi – ovvero con <strong>Gualdo</strong> e, soprattutto,<br />

con Giacosa – egli indulgeva volentieri allo scherzo in versi. Peccato non poter<br />

consultare il resto del componimento e, magari, un eventuale risposta del nostro<br />

autore della presunta antiapotropaica poesia numero tre<strong>di</strong>ci. Tuttavia, per quanto<br />

mutilo della parte finale, questo testo rappresenta, una volta <strong>di</strong> più, un chiaro<br />

segno dello speciale e fraterno rapporto (sodalizio, come si è avuto modo <strong>di</strong> vedere,<br />

assolutamente non solo artistico ma costruito sulla ben più solida base <strong>di</strong><br />

214 Altre due comunicazioni in versi, s.d., intercorse tra Boito e <strong>Gualdo</strong> sono state salvate<br />

dall’oblio attraverso la pubblicazione <strong>di</strong> Petaccia; nel primo caso si tratta <strong>di</strong> una breve lirica<br />

con cui Arrigo avverte <strong>di</strong> non sapere quando riuscirà a raggiungere <strong>Gualdo</strong> e Giacosa a Torino:<br />

“Oggi dei destin miei / Non son fatto ancora dotto / E già siamo al giorno sei / È impossibil che<br />

per l’otto / Che ci è pur tanto vicino / Io mi trovi già a Torino”; nel secondo caso abbiamoinvece,<br />

una quartina con cui Boito dà appuntamento a <strong>Gualdo</strong> in una trattoria in via S. Margherita:<br />

“L’osteria del popolo / Trovasi sull’Angelo / Del breve viottolo / Dell’hotel dell’Angolo”.<br />

215 D. PETACCIA, Un sonetto ine<strong>di</strong>to <strong>di</strong> Gabriele d’Annunzio a <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 7.<br />

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