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Luigi Gualdo - FedOA - Università degli Studi di Napoli Federico II

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L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

zione, la scrittura aveva bisogno <strong>di</strong> trovarsi <strong>degli</strong> alibi. Accanto – e prima – <strong>di</strong><br />

una intera generazione <strong>di</strong> prosatori preoccupati <strong>di</strong> assumersi fino in fondo il peso<br />

della tra<strong>di</strong>zione, Flaubert aveva iniziato a costruire un nuovo co<strong>di</strong>ce normativo<br />

per la lingua della narrazione romanzesca: in cambio la società avrebbe dovuto<br />

accettare il suo ruolo <strong>di</strong> scrittore. 55<br />

Molto prima <strong>degli</strong> stu<strong>di</strong>osi contemporanei, <strong>Gualdo</strong> aveva espresso nel suo<br />

articolo la sua ammirazione per il supremo sacrificio <strong>di</strong> quel Flaubert che, da<br />

effettivo e valoroso soldato della penna, 56 era stato il primo a consacrarsi alla<br />

creazione <strong>di</strong> un’opera puramente estetica in prosa (non a caso Auerbach <strong>di</strong>rà<br />

che, stilisticamente, questi era stato insieme ai Goncourt il primo fautore del realismo<br />

estetico). 57 Dopo <strong>di</strong> lui chiunque si fosse cimentato nell’esercizio della<br />

scrittura avrebbe dovuto confrontarsi con la sua opera (“non v’è romanzo della<br />

scuola moderna venuto fuori dal 1851”, scrive <strong>di</strong>fatti il critico italiano, “che non<br />

ne risenta l’influenza, non v’è autore che non l’abbia imitato”) 58 e con quella<br />

dell’altro solo narratore altrettanto amato dal quale, sempre secondo l’opinione<br />

<strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, ciascun romanziere della seconda metà del XIX secolo non ha potuto<br />

prescindere: “i due Goncourt, Tourguenieff, Zola, Daudet sono tutti <strong>di</strong>scepoli<br />

<strong>di</strong> lui”, avvertirà il critico, “quanto lo sono <strong>di</strong> Balzac”. 59 Un parallelo, questo,<br />

che il pubblicista milanese riprende anche nella conclusione dell’analisi de<strong>di</strong>cata<br />

a Flaubert, il “principe dei romanzieri francesi”, dove, proprio poco prima <strong>di</strong><br />

terminare l’articolo con una citazione tratta da Madame Bovary (“la parole humaine<br />

est comme un chaudron fêlé où nous ballons des mélo<strong>di</strong>e à faire danser<br />

les ours quand on voudrait attendrir les étoiles”), accosta nuovamente – e ancora<br />

ponendoli su un livello <strong>di</strong> parità assoluta – i suoi due più alti esempi <strong>di</strong> prosatori<br />

sostenendo che tutti i libri flaubertiani, “al pari della Comé<strong>di</strong>e Humaine,<br />

dovrebbero essere il breviario <strong>di</strong> chiunque scrive”. 60<br />

55<br />

R. BARTHES, L’artisanat du style, in Le degré zéro de l’écriture, Paris, Seuil, 1953,<br />

pp. 89-94.<br />

56<br />

L. GUALDO, Gustave Flaubert, cit.: “perfetto letterato, sommo professore, […] superbo<br />

e coscienzioso capo scuola, […] lavoratore lento e assiduo […], è morto sulla breccia, soldato<br />

della penna, senza che gli anni avessero ancora curvata l’alta e poderosa persona né scemata<br />

la forza artistica <strong>di</strong> quel corpo, involucro d’un sì potente ingegno, d’uno spirito così vasto”.<br />

57<br />

E. AUERBACH, Mimesis. Il realismo nella letteratura occidentale, Torino, Einau<strong>di</strong>,<br />

2000 (1956), vol. <strong>II</strong>, p. 284.<br />

58 L. GUALDO, Gustave Flaubert, cit.<br />

59 Ibidem.<br />

60 Ibidem.<br />

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