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Luigi Gualdo - FedOA - Università degli Studi di Napoli Federico II

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L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

La luce <strong>di</strong> parecchie antiche riputazioni si fece pallida intorno alla fiaccola incen<strong>di</strong>aria<br />

da lui bran<strong>di</strong>ta. E allo stesso tempo si videro d’un tratto irra<strong>di</strong>ati i coraggiosi che<br />

da anni camminavano innanzi a lui sulla strada dove egli aveva saputo far convergere<br />

gli sguar<strong>di</strong> <strong>di</strong> tutti. 143<br />

Non dovrà dunque destare stupore, anche sulla base <strong>di</strong> questa testimonianza<br />

offertaci da <strong>Gualdo</strong>, se Edmond de Goncourt a più riprese nel Journal e poi<br />

nelle prefazioni ai suoi romanzi tenterà con forza <strong>di</strong> sottolineare il proprio ruolo<br />

<strong>di</strong> vero padre e maestro del naturalismo, nonché il suo atteggiamento ambivalente<br />

nei confronti <strong>di</strong> Zola, contemporaneamente amato, o<strong>di</strong>ato (non sono poche<br />

le mal<strong>di</strong>cenze sul suo conto riportate nel <strong>di</strong>ario goncourtiano) e talvolta persino<br />

invi<strong>di</strong>ato. Si ricor<strong>di</strong> inoltre che, proprio nelle pagine che precedono la sua Faustin,<br />

l’autore francese non solo esprime in maniera sintetica il proprio nuovo<br />

programma letterario, ma riven<strong>di</strong>ca anche la paternità <strong>di</strong> un’espressione “très<br />

blaguée dans le moment”, quella <strong>di</strong> documenti umani, troppo spesso utilizzata e<br />

ricondotta a quegli scrittori della scuola <strong>di</strong> Médan nei quali sostiene <strong>di</strong> non riconoscersi.<br />

Non a caso egli specifica in una nota della suddetta prefazione che<br />

“le mode nouveau qui a succédé au romantisme” deve essere genericamente<br />

appellato in altro modo: “l’école du document humain”. 144 Nella medesima sezione<br />

introduttiva, per giunta, Goncourt lancia un appello alle proprie lettrici<br />

per ricevere assistenza nella stesura del suo prossimo lavoro (Chérie, che uscirà<br />

due anni dopo), una richiesta che, una volta <strong>di</strong> più, contribuisce a sottolineare<br />

l’allontanamento dello scrittore dalle ra<strong>di</strong>ci naturaliste e ad attribuire alla Faustin<br />

– il romanzo della <strong>di</strong>ssidence, com’è stato spesso definito – il carattere <strong>di</strong>lemmatico<br />

<strong>di</strong> testo suspendu, termine me<strong>di</strong>o tra i due estremi rappresentati da<br />

Germinie Lacerteux (l’opera naturalista per eccellenza) e Chérie (la più palese<br />

manifestazione del cosiddetto “réalisme élégant”). 145<br />

Nel suo saggio <strong>Gualdo</strong> appare combattuto tra l’ammirazione verso Goncourt<br />

e verso Zola, il “grande <strong>di</strong>scepolo che venne a far rendere giustizia ai suoi<br />

maestri” e che, grande volgarizzatore dall’ingegno possente e dall’indomabile<br />

spirito battagliero, “invece <strong>di</strong> sorridere o affliggersi o rassegnarsi, si faceva largo<br />

a forza <strong>di</strong> spalle e dava de’ suoi grossi volumi sulla testa <strong>di</strong> chi fingesse <strong>di</strong><br />

143 Ibidem.<br />

144 E. DE GONCOURT, Préface à La Faustin, Paris, Charpentier, 1882, p. 7. Le pagine <strong>di</strong><br />

tale prefazione recano in calce l’in<strong>di</strong>cazione: “Auteuil, le 15 octobre 1881”.<br />

145 M. DOTTIN-ORSINI, La Faustin, les paons blancs et l’agonie sardonique, cit., p. 257.<br />

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