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Luigi Gualdo - FedOA - Università degli Studi di Napoli Federico II

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L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

lontà <strong>di</strong> cui Bourget <strong>di</strong>ede prova in gioventù per sfondare, senza vedervi basso e<br />

calcolato arrivismo”. 438<br />

Benché formatosi in pieno clima naturalistico e pur avendo accolto i principi<br />

fondamentali <strong>di</strong> quella scuola, Bourget si era presto orientato verso lo<br />

scandaglio delle psicologie in<strong>di</strong>viduali, rifiutando un certo realismo che gli appariva<br />

ormai come degenerato in una vuota ed indolore rappresentazione della<br />

realtà. Tra il 1883 e il 1889 la sua ammirazione per Zola resta immutata, ma il<br />

suo continuo sforzo <strong>di</strong> superamento della corrente naturalista, che sa essere ormai<br />

agli sgoccioli, lo condurrà a “depasser la pure description des décors et des<br />

gestes” 439 ed a portare a compimento, con la stesura <strong>di</strong> Le Disciple (che significativamente<br />

è la narrazione della crisi <strong>di</strong> uno scrittore), la vera agonia del romanzo<br />

d’ispirazione zoliana. Con quest’opera, afferma Albert Autin, Bourget<br />

“marque un tournant décisif” 440 nel panorama della letteratura dell’epoca, in<br />

quanto consacra il termine <strong>di</strong> una determinata tipologia romanzesca e al tempo<br />

stesso funge da archetipo (“on pourrait appeler un livre historique”) 441 per una<br />

nuova serie <strong>di</strong> testi animati da tutt’altra ispirazione ed orientati, insieme a quelli<br />

dei Goncourt – sebbene per altre vie –, a rivelare una crisi ormai in atto, “celle<br />

des hésitations […] entre la peinture de l’extériorité et celle de l’intériorité”. 442<br />

Per un certo periodo, e specialmente durante gli anni ’80, <strong>Gualdo</strong> aveva seguito<br />

piuttosto da vicino le orme dello scrittore francese suo amico – Montale,<br />

infatti, ironicamente parla <strong>di</strong> lui, in relazione a questa parte della sua produzione,<br />

come <strong>di</strong> “un Bourget assolutamente privo <strong>di</strong> programmi”. 443 Tuttavia, se si<br />

esamina il suo ultimo lavoro, Decadenza – in apparenza il più vicino ai percorsi<br />

d’indagine bourgettiana – si noterà come egli sembri aver pienamente compreso<br />

(ed intrapreso), per <strong>di</strong>rla con Renato Bertacchini, “la <strong>di</strong>rezione sperimentale,<br />

nuova e necessaria, del vero romanzo”, affiancandosi da un lato alla ricerca introspettiva<br />

dell’autore alverniate, ma volgendo al tempo stesso lo sguardo alla<br />

nascente produzione, al <strong>di</strong> là delle Alpi, <strong>degli</strong> scrittori decadenti – sebbene ancora<br />

“in tempi <strong>di</strong> naturalismo imperante”: 444 nel suo testo più noto e più apprez-<br />

438<br />

V. DONATO RAMACIOTTI, In margine <strong>di</strong> un’amicizia, cit., p. 125.<br />

439<br />

M. RAIMOND, La crise du roman, cit., p. 33.<br />

440<br />

A. AUTIN, Le Disciple de Paul Bourget, Paris, SFELT, 1930, p. 8.<br />

441<br />

Ibidem.<br />

442<br />

M. RAIMOND, La crise du roman, cit., p. 27.<br />

443<br />

E. MONTALE, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, in «Il Corriere della Sera», 27 aprile 1960, p. 3.<br />

444<br />

R. BERTACCHINI, Ritorno <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>, in «L’Italia che scrive», maggio 1962, p. 81.<br />

405

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