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Luigi Gualdo - FedOA - Università degli Studi di Napoli Federico II

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Poesia – Musica – Pittura: <strong>Gualdo</strong> e le Tre Arti sorelle<br />

corpus poetico alear<strong>di</strong>ano, dalle prime prove squisitamente liriche fino ai canti<br />

<strong>di</strong> ispirazione patriottica, dove, al contrario del Prati (che il critico rammenta<br />

come “un autre poète de premier ordre”) che non mantiene alto il suo standard<br />

<strong>di</strong> autore “très raffiné” in maniera continuativa, egli si <strong>di</strong>mostra sempre ricercato<br />

ed elegante e “n’oublie jamais la recherche des effets les plus habiles de sonorité,<br />

il polit son vers et vise à la perfection de la forme”. 304<br />

Una simile ammirazione per la cura della forma <strong>di</strong> Alear<strong>di</strong> doveva certamente<br />

venire a <strong>Gualdo</strong> dall’assidua frequentazione <strong>degli</strong> ambienti parnassiani<br />

(non si <strong>di</strong>mentichi che la stessa rivista su cui scrive, «La République des Lettres»<br />

era <strong>di</strong>retta da Mendès) e soprattutto dalla – già all’epoca antica e duratura<br />

– amicizia con François Coppée, che <strong>di</strong> quella scuola era uno dei massimi, benché<br />

tra i più giovani, esponenti. Culto della forma e ricerca della perfezione nella<br />

struttura del verso (sebbene nella prefazione dei suoi canti si era palesato anche<br />

eccellente prosatore), tuttavia, non costituivano un impe<strong>di</strong>mento per Alear<strong>di</strong>,<br />

il quale non <strong>di</strong>menticò mai che l’art derive du sentiment e che, anzi, con serena<br />

malinconia, riuscì sempre a far vibrare la corda elegiaca meglio <strong>di</strong> ogni altra.<br />

Colorista e paesista degno <strong>di</strong> esser paragonato a Léopold Robert, questo<br />

“malade de poèsie” aveva offerto, con Le lettere a Maria e L’immortalità dell’anima<br />

(opere <strong>di</strong> cui <strong>Gualdo</strong> realizza precisi ed esaustivi ren<strong>di</strong>conto), la prova<br />

che anche in Italia esistono scrittori in grado <strong>di</strong> padroneggiare l’uso del verso<br />

sciolto persino per comporre lunghissimi componimenti in cui, pur cantando<br />

eventi storici o leggendari, emergono con forza temi <strong>di</strong> grande attualità – dalla<br />

lassitu<strong>di</strong>ne alla noia dei tempi moderni. 305<br />

Eppure l’analisi condotta da <strong>Gualdo</strong> non esonera il poeta tanto ammirato<br />

dal ricevere anche alcune critiche, qualora ritenute giuste e degne <strong>di</strong> esser segnalate:<br />

in primo luogo il recensore sottolinea la tendenza alear<strong>di</strong>ana alle “<strong>di</strong>ssertations<br />

<strong>di</strong>dactiques” che generano “l’ennui de certes pages”; 306 secondariamente,<br />

egli non può fare a meno <strong>di</strong> sorvolare su quell’accusa da cui prenderà le<br />

mosse la celebre stroncatura <strong>di</strong> Imbriani 307 (e che ripeterà, ma per ribatterla,<br />

304<br />

Ivi, p. 154. L’eccessivo labor limae che Alear<strong>di</strong> apportava alla sua poesia fu la causa<br />

per cui fu rivolto contro <strong>di</strong> lui il celebre verso del Foscolo: O<strong>di</strong>o il verso che suona e che non<br />

crea.<br />

305<br />

Ivi, p. 156.<br />

306<br />

Ivi, p. 155.<br />

307<br />

V. IMBRIANI, Il nostro quinto gran poeta, in Fame usurpate, <strong>Napoli</strong>, Stabilimento tipografico<br />

A. Travi, 1877, pp. 32-33: “Non siamo, no, commossi da chi guaisce quasi femminetta,<br />

per quasi carcerazione o non lungo sbandeggiamento, consolato da stipen<strong>di</strong> malguadagnati<br />

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