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Luigi Gualdo - FedOA - Università degli Studi di Napoli Federico II

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Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

della ristampa delle sue novelle, intende rivalutare “questo nome degno d’essere<br />

conosciuto ed amato per le sue belle qualità d’artista”, un artista che, a causa<br />

<strong>di</strong> svariate circostanze (ivi compresa la sua eccessiva modestia), è stato “lasciato<br />

finora un po’ nell’ombra”. 126 Gli spunti più interessanti riguardano l’esaltazione<br />

della “potenza descrittiva <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong>” ed un confronto realizzato, “non per<br />

ravvicinare due nomi con una sconvenienza <strong>di</strong> cui il <strong>Gualdo</strong> sarebbe il primo ad<br />

offendersi, ma per dare meglio la misura del colorito ch’egli sa, non <strong>di</strong> rado adoperare”,<br />

127 tra il giar<strong>di</strong>no che compare in apertura de La villa d’Ostellio ed il<br />

Paradou della Faute de l’Abbé Moret <strong>di</strong> Zola, messi in efficace parallelo. Accanto<br />

a ciò si pone la decisa <strong>di</strong>fesa dello stile gual<strong>di</strong>ano contro le accuse <strong>di</strong> quei<br />

pedanti che avevano ad<strong>di</strong>tato l’autore <strong>di</strong> servirsi <strong>di</strong> troppi termini – e più in generale<br />

<strong>di</strong> un tono – eccessivamente infranciosati; forse, però, l’intuizione più<br />

brillante del Capuana sta nell’aver in<strong>di</strong>viduato l’inclinazione <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> per<br />

l’analisi introspettiva (“egli […] si compiace dell’analisi delicata, minuta che<br />

ricostruisce, criticandolo, il vivo processo <strong>di</strong> una passione e <strong>di</strong> un sentimento”)<br />

<strong>di</strong> personaggi che, a <strong>di</strong>fferenza dei protagonisti dei coevi romanzi psicologici<br />

italiani <strong>di</strong> ascendenza bourgettiana, si muovono nei confini “d’una realtà che<br />

<strong>di</strong>venta sogno o d’un sogno che non si risolve pienamente in una realtà”. 128<br />

Proprio parlando <strong>di</strong> un’opera che, parimenti ad un sogno, resta impressa<br />

nella memoria per lungo tempo, Capuana avvia la sua seconda recensione ad un<br />

altro volume dello scrittore milanese: risalente al giugno 1879, questo articolo<br />

tratta <strong>di</strong> Un mariage excentrique, pubblicato a Parigi per l’e<strong>di</strong>tore Lemerre, il<br />

cui testo, riferisce il critico, desta nel lettore un’impressione, che “per un’opera<br />

d’arte non è poco”, così viva e profonda perché “ci lascia per tutta la giornata<br />

un sentimento <strong>di</strong> tristezza, una strana compiacenza d’aver sognato e un acuto<br />

desiderio <strong>di</strong> tornar a sognare”. 129 Anche in questo caso il suo giu<strong>di</strong>zio è in grado<br />

<strong>di</strong> cogliere particolari davvero importanti, come l’insistenza su alcuni temi<br />

spiccatamente autobiografici (soprattutto nell’idea che il protagonista Massimo<br />

d’Astorre sia un soggetto che vive la sua esistenza quasi fosse un’opera “non da<br />

scrivere […] ma da fare giorno per giorno”) 130 e l’intuizione che – ancora una<br />

126 Ivi, p. 175.<br />

127 Ivi, p. 176.<br />

128 Ivi, pp. 178-179.<br />

129 ID., Un mariage excentrique, in «Corriere della sera», 3-4 giugno 1879, recensione<br />

anch’essa poi apparsa negli <strong>Stu<strong>di</strong></strong> sulla letteratura contemporanea, cit., pp. 180-186.<br />

130 Ivi, p. 183.<br />

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