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Luigi Gualdo - FedOA - Università degli Studi di Napoli Federico II

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L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

suoi nuovi ideali artistici verso i quali era stato sospinto da un intento ben <strong>di</strong>verso<br />

da quello che, in quel medesimo periodo, stava muovendo gli scrittori fedeli<br />

al metodo sperimentale elaborato da Zola. La <strong>di</strong>mostrazione del peso assegnato<br />

al nuovo lavoro è data dall’insieme delle riflessioni consegnate da Goncourt<br />

alle pagine del suo Journal, dove a più riprese egli si sofferma lungamente<br />

ed in modo esplicito sul valore programmatico attribuito alla nuova opera:<br />

[…] il y a dans ces pages une introduction toute neuve de poésie et de fantastique<br />

dans l’étude du vrai et que j’ai tenté de faire un pas en avant au réalisme et de le doter<br />

de certaines qualités de demi-teinte et de clair-obscur littéraire, qu’il n’avait pas. En<br />

effet, les choses de la nature ne sont-elles pas tout aussi vraies, vues dans un clair de<br />

lune que dans un rayon de soleil de mi<strong>di</strong>? 130<br />

Senza schierarsi apertamente contro Zola (e la crudezza delle sue rappresentazioni<br />

ritratte sotto l’intensa luce pomeri<strong>di</strong>ana), Goncourt (ricorrendo alla<br />

più tenue – ma non meno sincera – illuminazione del chiaro <strong>di</strong> luna) aveva già<br />

da tempo progettato <strong>di</strong> affermare la propria originalità attraverso il suo ultimo<br />

romanzo, La Faustin, nato nell’alveo del naturalismo eppure inteso a sovvertire<br />

tale movimento letterario dal suo stesso interno. Lo strumento <strong>di</strong> cui intendeva<br />

servirsi per deviare (e quin<strong>di</strong> alterare) i modelli e il metodo realista sarebbe stata<br />

la fantasia, elemento assente o comunque ritenuto <strong>di</strong> valore secondario nei<br />

precenti testi della “scuola”. Non più, dunque, una esclusiva ispirazione “scientificamente”<br />

tratta da una letteraria mimesis del reale, ma una <strong>di</strong>fferente modalità<br />

<strong>di</strong> trattare il soggetto narrato. Gérard Peylet ha esaminato questa svolta goncourtiana,<br />

concludendo che “entre Germinie Lacerteux et La Faustin, l’object<br />

naturaliste a changé de proprietés”; 131 tuttavia, basterebbe anche solo guardare<br />

alle parole dello stesso narratore che, nella prefazione al romanzo, avvisa i suoi<br />

lettori del mutamento messo in atto con La Faustin, un testo in cui “le soi-<strong>di</strong>sant<br />

project réaliste et les choses représentées ne coïncident plus”. 132 Cosciente<br />

<strong>di</strong> tale <strong>di</strong>vario, Goncourt annota, ancora, nel proprio Journal – in data 8 febbraio<br />

1882, alla vigilia cioè dell’uscita del volume – la consapevolezza <strong>di</strong> aver realizzato<br />

“quelque chose de neuf dans mon dernier bouquin”: egli non è ancora in<br />

grado <strong>di</strong> dare un nome al cambiamento che quel libro avrebbe dovuto, a suo pa-<br />

130 Ibidem.<br />

131 G. PEYLET, L’art maniériste d’Edmond de Goncourt dans La Faustin, cit., p. 265.<br />

132 Ibidem.<br />

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