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Luigi Gualdo - FedOA - Università degli Studi di Napoli Federico II

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L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

Paul Bourget. 614 La cronaca <strong>di</strong> Barrès non contiene altre menzioni a <strong>Gualdo</strong> eccetto<br />

che nella de<strong>di</strong>ca, eppure è carica <strong>di</strong> allusioni che costantemente fanno<br />

pensare allo scrittore milanese: innanzitutto sembrerebbe un richiamo al romanzo<br />

<strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> Decadenza una frase riferita a Fabrizio del Dongo, il protagonista<br />

della stendhaliana Certosa <strong>di</strong> Parma, <strong>di</strong> cui si <strong>di</strong>ce che “aujourd’hui, la seule<br />

activité, les seuls risques qu’il pourrait trouver, c’est la vie parlementaire”; 615 in<br />

secondo luogo viene sviluppata una metafora che assimila l’aspetto della città e<br />

la sua bellezza romanzesca ad un qualcosa da assaporare a piccoli sorsi, metafora<br />

che ricorda molto da vicino l’analogia con cui <strong>Gualdo</strong> aveva lodato il romanzo<br />

barresiano Le jar<strong>di</strong>n de Bérénice, un libro il cui piacere <strong>di</strong> lettura egli aveva<br />

definito simile ad un “liqueur à déguster à petites gorgées”; 616 in terzo luogo,<br />

infine, la narrazione (svolta utilizzando verbi coniugati alla prima persona plurale)<br />

suggerirebbe l’esistenza almeno <strong>di</strong> un secondo membro nella spe<strong>di</strong>zione<br />

barresiana: <strong>di</strong> certo non si tratta <strong>di</strong> un plurale maiestatis giacché altrove – anche<br />

all’interno delle memorie dello stesso viaggio in Italia – l’autore non esita ad<br />

utilizzare la prima persona singolare, mentre in questo caso egli sembra voler<br />

suggerire la presenza <strong>di</strong> qualcuno al proprio fianco che con<strong>di</strong>vide le sue stesse<br />

emozioni, come quando scrive che, passeggiando tra i sepolcri, “nos âmes perçoivent<br />

la triste et fade odeur des cimetières” 617 o ancora quando, nel terminare il<br />

resoconto, conclude <strong>di</strong>cendo: “Partons, le soir tombe sur la ville”. 618<br />

La passione e la partecipazione con cui Barrès descrive chiese, piazze, e<strong>di</strong>fici,<br />

musei, tele, affreschi e sculture denota una sintonia profonda con quella religione<br />

dell’arte 619 nella quale <strong>Gualdo</strong> aveva trovato l’unica soluzione, o meglio<br />

la sola alternativa utile come contraltare al ritmo estenuante della sua vita solitaria,<br />

mondana e dominata dallo spleen e dalla paresse. 620 Sotto lo sguardo<br />

dell’autore francese Parma appare come una città a tal punto intrisa dell’ombra<br />

<strong>di</strong> Stendhal che in essa non si può far altro che abbandonarsi “au culte des sen-<br />

614<br />

Pierre de Montera, dopo aver a lungo analizzato il Journal Intime <strong>di</strong> Bourget, sostiene<br />

che, nel corso del 1889, due avevano fatto una lunga e minuziosa visita a Parma, dove “pour y<br />

visiter en détail, <strong>Gualdo</strong> s’étant fait remettre les clefs, le Théâtre Farnese, qui fut longtemps le<br />

plus vaste du monde et le plus beau” (P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 49).<br />

615<br />

M. BARRÈS, L’Automne à Parme. À <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, Milanais, cit., p. 209.<br />

616<br />

Fonds Barrès. Lettera 4, ine<strong>di</strong>ta, <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> a Maurice Barrès del 19 marzo [1891].<br />

617<br />

M. BARRÈS, L’Automne à Parme. À <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, Milanais, cit., p. 215.<br />

618<br />

Ivi, p. 216.<br />

619<br />

C. A. MADRIGNANI, “Decadenza”, il romanzo del tempo e della “noia”, cit., p. 7.<br />

620 Ibidem.<br />

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