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Luigi Gualdo - FedOA - Università degli Studi di Napoli Federico II

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Tra carteggi e recensioni: <strong>Gualdo</strong> e i romanzieri italiani<br />

tura soltanto “ciò che è artisticamente vero”. 231 Eppure esiste uno scrittore esemplare<br />

(chiaramente francese) che tutti coloro i quali si accingono a fare critica<br />

dovrebbero tenere presente perché ha illustrato a chiare lettere nelle sue opere<br />

quale dovrebbe essere il para<strong>di</strong>gma da seguire in simili circostanze:<br />

[…] il sommo Balzac ha creato, mezzo secolo fa, Eugénie Grandet e Madame<br />

Marneffe, – per non citare che un solo esempio fra tanti! – ambedue egualmente, stupendamente<br />

vere – ed ha troncato la questione – fin d’allora. 232<br />

Prima ancora delle parole dei critici da cui <strong>Gualdo</strong> mette in guar<strong>di</strong>a, le iniziali<br />

avversarie <strong>di</strong> Fogazzaro erano state, all’indomani della pubblicazione del<br />

Cortis, “grammatica, retorica e filologia”: a raccontare l’episo<strong>di</strong>o qui alluso è<br />

Giuseppe Giacosa che, incaricato dall’autore vicentino <strong>di</strong> seguire le sorti del<br />

proprio romanzo in casa e<strong>di</strong>trice, aveva dovuto affrontare in più occasioni il<br />

primo commesso <strong>di</strong> Casanova, intento a censurare ed emendare il testo fogazzariano<br />

in ogni suo punto. Disperato, Giacosa aveva scritto a Fogazzaro per raccontargli<br />

<strong>di</strong> essere stato “insaccato” talmente tante volte da essersi convinto <strong>di</strong><br />

essere egli stesso un “ignorante”. 233 In realtà la lingua in cui è scritto il Cortis,<br />

per quanto risenta dell’influsso del <strong>di</strong>aletto veneto, non rappresentava un caso<br />

così <strong>di</strong>sperato come il commesso della casa e<strong>di</strong>trice torinese voleva far credere:<br />

armato dei suoi grossi volumi e <strong>di</strong>zionari, questi aveva accusato Giacosa <strong>di</strong> aver<br />

trovato nel testo dell’amico “perfino dei Lui in luogo <strong>di</strong> Ella”. 234 Era, insomma,<br />

un pedante che, tuttavia, non doveva essere completamente in errore perché se<br />

c’è un unico <strong>di</strong>fetto che anche <strong>Gualdo</strong> ammette <strong>di</strong> aver rintracciato nel romanzo<br />

fogazzariano, esso è relativo proprio alla veste linguistica, sebbene il critico riesca<br />

a leggere in chiave positiva anche tale imperfezione, riconducendola alla<br />

fedeltà espressiva dei personaggi rappresentati. Lo stile del vicentino gli rammenta<br />

alla lontana quello <strong>degli</strong> autori tedeschi e anche un po’ quello <strong>di</strong> George<br />

Sand, benché a sua detta Fogazzaro sia “soprattutto italiano – italiano ed originale”,<br />

in quanto:<br />

Fa parlare i personaggi delle varie provincie nel loro i<strong>di</strong>oma, e lo fa benissimo, e<br />

ciò aggiunge al <strong>di</strong>alogo una grande efficacia. Lo si accusa <strong>di</strong> scrivere, <strong>di</strong> solito, un ita-<br />

231 Ibidem.<br />

232 Ibidem.<br />

233 Lettera <strong>di</strong> Giacosa a Fogazzaro (3/1/1885). P. NARDI, Antonio Fogazzaro, cit., p. 212.<br />

234 Ibidem.<br />

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