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Luigi Gualdo - FedOA - Università degli Studi di Napoli Federico II

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Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

perio<strong>di</strong>co aveva deciso <strong>di</strong> dare alle stampe le più che mai attuali pagine <strong>di</strong><br />

<strong>Gualdo</strong>. Al loro interno, premettendo <strong>di</strong> non essere un esperto in materia musicale,<br />

il giornalista riferisce che si limiterà ad esporre le proprie impressioni sul<br />

Mefistofele che, personalmente aveva apprezzato anche nella prima versione,<br />

cui <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> aver assistito <strong>di</strong>eci anni ad<strong>di</strong>etro – in coerenza con quanto si evince<br />

anche dai vari suoi carteggi – schierandosi con quella parte <strong>di</strong> pubblico che già<br />

all’epoca aveva riscontrato nell’opera “bellezze sublimi” in grado <strong>di</strong> suscitare<br />

gran<strong>di</strong> emozioni, <strong>di</strong>venute, tuttavia, nella seconda redazione, più complete, più<br />

forti. Parimenti al primo, l’attuale Mefistofele conserva intatta la sua “forma<br />

scultoria” e si configura come “un’opera universale”, che non ha scuola e non<br />

ha nazione, che non pretende un pubblico speciale essendo un opera vera, ed in<br />

quanto tale “non può che piacere dovunque”. Elogiando l’armonia del <strong>di</strong>segno<br />

dell’opera, la grande eleganza e la logica che la governa, <strong>Gualdo</strong> sostiene che:<br />

L’idea <strong>di</strong> musicare il poema <strong>di</strong> Goethe è un’idea straor<strong>di</strong>naria, solamente nel concepirla.<br />

Nel vasto ciclo Goethiano, Fausto è il dubbio – è Prometeo – è Giobbe. – È<br />

l’uomo in una parola; l’uomo coi suoi dubbi, colle sue febbri, colle sue impotenze, che<br />

cerca alla scienza e all’arte il vero e lo trova nel bello […]. 165<br />

Quello <strong>di</strong> Faust rappresentava un mito caro agli Scapigliati 166 e quin<strong>di</strong> anche<br />

al giovane <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, affine per certi aspetti alla concezione poetica <strong>di</strong><br />

questi artisti soprattutto negli anni delle prime prove narrative. Nella sua raccolta<br />

<strong>di</strong> Novelle – e<strong>di</strong>ta per la prima volta, significativamente, nello stesso anno del<br />

primo Mefistofele, il 1868 – egli introduce il motivo dell’Arte “come supremo<br />

compimento delle aspirazioni umane, superiore anche al sentimento amoroso”<br />

167 e lo ripropone, narrazione dopo narrazione, confondendo spesso i confini<br />

tra vita e letteratura in un continuo riba<strong>di</strong>mento della bontà delle sole esistenze<br />

dominate dall’Arte, approdo e salvezza <strong>di</strong> ogni uomo, ma al tempo stesso sua<br />

gran rivale. Nel secondo racconto della serie, Il viaggio del Duca Giorgio, il<br />

protagonista tenta <strong>di</strong> sfuggire alla noia esistenziale della propria vuota ed ari-<br />

165 L. GUALDO, Il Mefistofele, cit.<br />

166 Cfr. l’introduzione a La Scapigliatura e il 6 febbrajo, in cui Cletto Arrighi – nel 1862 –<br />

parlava della forte affinità tra Mefistofele e la Scapigliatura in quanto entrambi composti <strong>di</strong> due<br />

aspetti intimamente connessi, il buono e il cattivo. Il programma poetico <strong>di</strong> Arrighi è oggi consultabile<br />

in AA. VV., Manifesti dei movimenti post-romantici, a cura <strong>di</strong> A. Pupino, <strong>Napoli</strong>, De<br />

Simone, 1984, pp. 52-54.<br />

167 M. GIAMMARCO, Le forme della decadenza, cit., p. 43.<br />

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