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Luigi Gualdo - FedOA - Università degli Studi di Napoli Federico II

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Il teatro ottocentesco: attori, drammaturghi, librettisti e plagiari<br />

ra e bionda” (v. 2) – per <strong>di</strong> più definita “la solitaria” (v. 38) – che, con lo sguardo<br />

nell’azzurro volge “l’arcano / in<strong>di</strong>stinto pensiero” (vv. 14-15) volando “nel<br />

sogno verso l’ideale” (v. 20), con il suo volto pallido come la neve sulla vetta<br />

alpina, mentre ogni dì “più flessüosa par quando cammina” (vv. 85-88). Essa<br />

racchiude nel suo seno le aspirazioni giovanili, ma sa che deve “sotto un sorriso<br />

ascondere il dolore” perché insieme al cavaliere che attende (si potrebbe qui<br />

congetturare un allusione a Giacosa, cui è de<strong>di</strong>cata la poesia) non può che aspettarla<br />

un “avvenir purissimo” (se effettivamente si trattasse <strong>di</strong> Giacosa questo<br />

verso si spiegherebbe col fatto che questi era già sposato). I versi si chiudono<br />

“tra le varie note de’ suoi canti” nella coscienza che innumerevoli aurore e<br />

tramonti potranno susseguirsi prima che sorga il dì che potrà dare al “giovane<br />

poeta” la possibilità <strong>di</strong> unirsi “alla sua dama pallida”. 33 Al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> queste congetture<br />

resta il fatto che <strong>Gualdo</strong>, Giacosa e Boito avevano trovato una <strong>di</strong>mensione<br />

a loro congeniale accanto alla coltissima Vittoria Cima, alla quale riserveranno<br />

sempre parole <strong>di</strong> stima e affetto soprattutto volte a <strong>di</strong>fenderla da coloro<br />

che erano soliti malignare della “povera donna”.<br />

Durante i loro soggiorni, i viaggi compiuti insieme, ma anche in situazioni<br />

più quoti<strong>di</strong>ane, il nostro gruppo <strong>di</strong> amici, oltre che da suggerimenti reciproci,<br />

era supportato da un’estrema fiducia nelle capacità l’uno dell’altro, una fiducia<br />

che non restava però racchiusa all’interno della loro stessa cerchia, perché veniva<br />

promulgata anche presso il grande pubblico: quando, ad esempio, scoraggiato<br />

quanto alla buona riuscita della comme<strong>di</strong>a L’onorevole Ercole Mallar<strong>di</strong><br />

(1885), già caduta a Torino, Giacosa si era accorto che, durante la prova decisiva<br />

dell’opera, c’erano in azione in sala due (fallimentarmente “umbratili”) promoters<br />

d’eccezione, egli aveva riferito in una lettera, ancora una volta rivolta a<br />

sua madre, che <strong>Gualdo</strong> e Verga, pur cercando <strong>di</strong> far passare sotto silenzio i propri<br />

demagogici tentativi, andavano in giro a sponsorizzare la comme<strong>di</strong>a, nel<br />

tentativo <strong>di</strong> “non dar tempo al pubblico <strong>di</strong> esercitare il senso critico”; essi, <strong>di</strong>fatti,<br />

pensavano che le platee italiane non fossero ancora preparate per accogliere<br />

una comme<strong>di</strong>a tanto all’avanguar<strong>di</strong>a, e, <strong>di</strong> conseguenza, Giacosa si era visto costretto<br />

(per giustificare il loro comportamento senza troppo intaccare il proprio<br />

ruolo) a raccontare, nella conclusione del messaggio, che:<br />

33 L. GUALDO, Separazione. A Giuseppe Giacosa, in Le Nostalgie, cit., pp. 13-30, rist. in<br />

ID., Romanzi e Novelle, cit., pp. 1141-1148.<br />

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