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Luigi Gualdo - FedOA - Università degli Studi di Napoli Federico II

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L’esperienza cosmopolita del passeur culturel<br />

Nel secondo Ottocento la situazione era certamente cambiata, ma la centralità<br />

<strong>di</strong> questo teatro per la socialità <strong>di</strong> Milano era rimasta immutata; “i suoi palchi<br />

più importanti – centottanta su duecentottanta <strong>di</strong>sponibili nel teatro […] –<br />

riuniscono ogni sera, che fuori piova o nevichi, tutta la buona compagnia milanese,<br />

al <strong>di</strong> fuori <strong>di</strong> troppo rigide barriere sociali”. 174 Anche se non sempre, però,<br />

il <strong>di</strong>vertimento era garantito. Sul finire del secolo gli anni d’oro del modello <strong>di</strong><br />

società finora descritto volgevano al termine: il rapido cambiamento dei costumi<br />

ne stava ormai <strong>di</strong>sperdendo il significato. Ancora una volta i romanzi <strong>di</strong><br />

<strong>Gualdo</strong> sono un’utilissima fonte per recuperare spaccati <strong>di</strong> situazioni ed abitu<strong>di</strong>ni<br />

della società dell’epoca. Il suo ultimo e più noto romanzo, Decadenza, si<br />

apre proprio con la narrazione della noia che avvolge il pubblico durante una<br />

serata al Teatro dell’opera <strong>di</strong> Milano, nel ricordo ancora vivo della vitalità e<br />

della sontuosità <strong>di</strong> cui aveva lasciato memoria Stendhal, quando al suo interno<br />

ancora “si amava, si o<strong>di</strong>ava, si <strong>di</strong>scuteva, […], dove si perdevano somme favolose<br />

nei giuochi del ridotto e si cospirava talvolta nell’atrio”. 175 Il brano che segue<br />

venne proposto dall’autore, in anteprima rispetto alla pubblicazione del romanzo,<br />

sulle pagine de «L’Illustrazione Italiana» ed era intitolato Una rappresentazione<br />

alla Scala: 176<br />

Nel teatro della Scala regnava la noia – una noia particolare anche per quella stagione<br />

poco allegra. Pareva che un velo <strong>di</strong> nebbia stesa nella sala troppo vasta, avvolgesse<br />

i globi <strong>di</strong> luce smorti della lumiera, le dorature annerite, le scolorate ten<strong>di</strong>ne dei<br />

palchetti; emanava dalle pareti o era l’alito <strong>di</strong> un immenso sba<strong>di</strong>glio? […].<br />

In un angolo della platea, quattro o cinque vecchi, fra cui un ex-impresario celebre,<br />

s’occupavano dello spettacolo; essi facevano malinconici confronti tra il presente e<br />

i tempi andati […]. Costoro avevano forse veduto quel teatro della Scala semioscuro,<br />

dal palcoscenico solo illuminato, dove l’arte del canto italiano faceva fremere tutta la<br />

sala, quel teatro descritto da Stendhal, dove le dame in turbante venivano col lavoro in<br />

mano e il cavalier servente a fianco, dove si amava, si o<strong>di</strong>ava, si <strong>di</strong>scuteva, dove gli<br />

occhi si riempivano <strong>di</strong> lagrime per un accento appassionato e le mani si stringevano<br />

segrete, dove si perdevano somme favolose nei giuochi del ridotto e si cospirava talvolta<br />

nell’atrio. 177<br />

174 M. T. MORI, Salotti. La sociabilità delle élites nell’Italia dell’Ottocento, cit., p. 61.<br />

175 L. GUALDO, Decadenza, in Romanzi e Novelle, cit., p. 910.<br />

176 ID., Una rappresentazione alla Scala, in «L’Illustrazione Italiana», 8 maggio 1892, pp.<br />

298-299. Il romanzo Decadenza sarà poi pubblicato il mese successivo dall’e<strong>di</strong>tore Treves.<br />

177 ID., Decadenza, in Romanzi e Novelle, cit., pp. 909-910.<br />

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