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Luigi Gualdo - FedOA - Università degli Studi di Napoli Federico II

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I Poeti d’Oltralpe: adesione ed esportazione dei nuovi modelli<br />

al mondo della classicità. In effetti, qualunque fosse il soggetto da questi trattato,<br />

egli era in grado <strong>di</strong> scrivere con uguale e naturale finezza, così spontanea da<br />

fare in modo che in molti, <strong>Gualdo</strong> incluso, potessero <strong>di</strong>re <strong>di</strong> lui che “non dettò<br />

mai una pagina ch’egli fosse poi costretto, letterariamente, a sconfessare”. 62<br />

Nel modo <strong>di</strong> verseggiare fu un innovatore ed aggiunse ricchezza ed eleganza al<br />

verso. La placida contemplazione dell’ideale artistico vinse qualche volta in lui l’umana<br />

tristezza, ritrovò la sua consolazione nell’armonia stessa del modo <strong>di</strong> esprimere il<br />

dolore, e la sua musa rasserenata gli inspirò nuovi e squisiti versi, pieni <strong>di</strong> pregi e brillanti<br />

e nascosti, modelli <strong>di</strong> stile e <strong>di</strong> ritmo, che cantavano i simboli più arcani della natura,<br />

gli amori <strong>degli</strong> esseri animati e delle cose, versi che sono veri smalti e camei. 63<br />

Unitamente all’elogio della forma gauteriana in versi si pone, poi, la sua estrema<br />

versatilità, la sua alta potenza nell’esprimere persino il comico ed il<br />

grottesco (“nessuno fu ironico e gouailleur più elegantemente”) e ad<strong>di</strong>rittura<br />

nello svolgere il ruolo <strong>di</strong> critico, funzione che egli aveva assunto dopo aver<br />

molto prodotto lui stesso, perché – avvisa <strong>Gualdo</strong> chiosando con una propria<br />

considerazione – “così dovrebbe sempre accadere”. 64 Nel giu<strong>di</strong>care, il grande<br />

Théo preferiva la lode al biasimo, essendo benevolo e sinceramente entusiasta:<br />

sapeva interpretare senza esitanza il vero significato <strong>di</strong> un’opera d’arte. Con<br />

piena e perfetta padronanza, eru<strong>di</strong>zione ed originalità, parlava delle doti dei pittori<br />

e <strong>degli</strong> scultori, svelava il carattere intimo delle varie scuole, giacché aveva<br />

il dono <strong>di</strong> comprendere il Bello in tutte le sue manifestazioni. Non aveva alcuna<br />

<strong>di</strong>fficoltà nel commentare un lavoro <strong>di</strong> Tiziano o <strong>di</strong> Paolo Veronese, <strong>di</strong> Zurbaran<br />

o <strong>di</strong> Goya, una statua antica o un oggetto <strong>di</strong> arte moderna: a detta <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong><br />

ciascuna descrizione gautieriana poteva far scintillare le gemme, forbire le armi<br />

antiche, piegare e colorare le stoffe sontuose, trovare sempre le parole per esprimere<br />

(ed è questo un aspetto su cui egli ritorna spesso, ritenendolo requisito<br />

necessario per essere un vero scrittore) “le tinte più vaghe – conducendo il linguaggio<br />

fino ai confini dell’inesprimibile – e <strong>di</strong>pingere con la penna i più vaghi<br />

e repentini aspetti della natura ed i più inesplorati tesori dell’arte”. 65<br />

In maniera simile a quanto aveva detto o <strong>di</strong>rà a proposito <strong>di</strong> Praga, Fogazzaro<br />

e Goncourt, l’articolista <strong>Gualdo</strong> sostiene <strong>di</strong> ammirare in Gautier special-<br />

62 Ibidem.<br />

63 Ibidem.<br />

64 Ibidem.<br />

65 Ibidem.<br />

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