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Luigi Gualdo - FedOA - Università degli Studi di Napoli Federico II

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Nella Roma bizantina: contatti letterari e collaborazioni e<strong>di</strong>toriali nella capitale<br />

Era stata, dunque, Matilde Serao a riferire a d’Annunzio l’appassionato<br />

giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> <strong>Gualdo</strong> a proposito <strong>di</strong> quel Piacere che avrebbe significato sia la definitiva<br />

affermazione del giovane autore abruzzese sul panorama letterario nazionale<br />

ed estero, sia un decisivo passo <strong>di</strong> svolta nella storia dello sviluppo del<br />

romanzo nostrano. Mentre, <strong>di</strong>fatti, in Francia la corrente realista aveva già subito<br />

all’epoca una decisa battuta d’arresto, in Italia continuava ad imperare quel<br />

verismo che per lunghi anni aveva stentato a decollare: <strong>Gualdo</strong> e d’Annunzio si<br />

inscrivevano nell’insieme <strong>di</strong> coloro che, pur apprezzando il naturalismo, già nel<br />

suo periodo d’oro ne avevano seguito soprattutto gli sviluppi maggiormente antinaturalisti,<br />

vale a <strong>di</strong>re i suoi aspetti più irregolari, umbratili ed intimisti. Non a<br />

caso Vittorio Roda ha esaminato alcune caratteristiche comuni alle opere dei<br />

due scittori, opere che nonostante posseggano ancora una tipologia <strong>di</strong> “impalcatura”<br />

derivante dal romanzo realista, sono tuttavia pervase da immagini trasognanti<br />

e figure trascolorate, evanescenti, oltre che accomunate da un medesimo<br />

ideale <strong>di</strong> fondo secondo il quale soltanto l’Arte va considerata l’autentica depositaria<br />

della Verità assoluta.<br />

I testi presi in esame sono, da una parte, la Ressemblance gual<strong>di</strong>ana (1874)<br />

e dall’altra, sul versante dannunziano, proprio Il Piacere (1889): la scelta del<br />

critico scaturisce dall’aver osservato la presenza <strong>di</strong> una stessa <strong>di</strong>namica sovrappositiva<br />

che spinge i protagonisti <strong>di</strong> entrambi i romanzi – Maurice d’Affrey e<br />

Andrea Sperelli – a cercare simmetrie tra le due donne da ciascuno amate. Nei<br />

rispettive lavori, infatti, tanto <strong>Gualdo</strong> quanto d’Annunzio avrebbero sfruttato<br />

una sorta <strong>di</strong> “regime <strong>di</strong> onirismo o <strong>di</strong> semi-onirismo” per far scattare “l’identificazione<br />

muliebre” (tra Anne e Annette nella ressemblance e tra Elena Muti e<br />

Maria Ferres nel Piacere). 34 Nel primo caso l’elemento che porta il personaggio<br />

maschile ad assommare in maniera talvolta in<strong>di</strong>scernibile i connotati dell’una e<br />

dell’altra donna (e quin<strong>di</strong> a far scaturire l’innamoramento) è la quasi completa,<br />

totale somiglianza fisica (da cui il titolo del volume) tra le partners; nel secondo<br />

caso è, invece, un unico particolare a mettere in moto la condensazione delle<br />

figure, vale a <strong>di</strong>re “la medesimezza del timbro vocale” delle donne amate. 35<br />

Attraverso la puntuale citazione <strong>di</strong> episo<strong>di</strong> simmetrici nei due testi narrativi<br />

in questione, Roda ha <strong>di</strong>mostrato come la “confusione femminile” realizzata da<br />

<strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong> nel proprio romanzo possa essere considerata – naturalmente met-<br />

34 V. RODA, «Ressemblance» e «déjà vu» nella narrativa <strong>di</strong> <strong>Luigi</strong> <strong>Gualdo</strong>, cit., p. 106.<br />

35 ID., La donna «composta»: d’Annunzio, <strong>Gualdo</strong>, Maupassant, cit., p. 162.<br />

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