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Luigi Gualdo - FedOA - Università degli Studi di Napoli Federico II

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L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

Alpi si conosceva poco più del solo nome), dei quali racconta spesso episo<strong>di</strong><br />

aneddotici, ma al tempo stesso utili a stimolare la curiosità del pubblico e a far<br />

comprendere a tutto tondo Flaubert, quel Flaubert che, in effetti, non avrebbe<br />

potuto essere davvero inteso senza sapere quanto egli fosse<br />

Intollerantissimo ne’ suoi principi d’arte, implacabile schernitore dei falsi culti,<br />

delle riputazioni usurpate, della critica temeraria ed ignorante – […] possedeva però al<br />

sommo grado quell’alta facoltà <strong>di</strong> ammirazione propria solo delle menti elette, dei vasti<br />

ingegni. E n’era conseguenza la completa mancanza d’invi<strong>di</strong>a e <strong>di</strong> pregiu<strong>di</strong>zi, per modo<br />

che egli gioiva estasiato dei clamorosi successi del suo amico Zola – e che avrebbe<br />

applau<strong>di</strong>to il suo peggior nemico se questi avesse compìto una vera opera d’arte. Della<br />

ingiustizia del pubblico verso <strong>di</strong> lui egli si curava poco – accusandone l’epoca nostra<br />

che ha, secondo lui, per carattere <strong>di</strong>stintivo la haine de la littérature com’egli soleva<br />

gridare – e si rodeva invece dell’immeritata oscurità in cui rimasero i Goncourt, dovendo<br />

poi godere come d’una fortuna propria, del loro tar<strong>di</strong>vo trionfo. 17<br />

Quelle che <strong>Gualdo</strong> riferisce rappresentano, quin<strong>di</strong>, informazioni assolutamente<br />

non fini a se stesse, perché – a ben vedere – esse non sono altro che brevi<br />

pause che il giornalista intervalla tra un’analisi e l’altra <strong>di</strong> tutte le singole opere<br />

del romanziere francese, inserite per aiutare i lettori a conoscere, anche attraverso<br />

gli aneddoti, quello sconosciuto preparatosi in silenzio, “uscito d’un tratto<br />

alla luce, seguendo le orme del grande maestro, <strong>di</strong> Balzac” e che, “continuando<br />

per la stessa vasta via da lui tracciata, andava più in là, con inten<strong>di</strong>menti<br />

ar<strong>di</strong>tissimi, con una ricerca ancor più scrupolosa del vero, con uno stile che ne<br />

aveva tutta la forza, tutto il sapore, e che per <strong>di</strong> più raggiungeva la perfezione<br />

attinta alle fonti perenni <strong>di</strong> Rabelais e <strong>di</strong> Montaigne, aumentata da tutti i raffinamenti<br />

complicati dell’oggi”. 18 È evidente che, prima ancora <strong>di</strong> iniziare l’effettiva<br />

analisi dei testi flaubertiani, <strong>Gualdo</strong> abbia sentito la necessità <strong>di</strong> sottolineare<br />

il rapporto <strong>di</strong> continuità che le opere esaminate conservavano, fin dal principio,<br />

con la produzione <strong>di</strong> Balzac, l’autore che – come si è accennato e come si<br />

<strong>di</strong>rà poco oltre – viene riconosciuto come punto d’avvio dello sviluppo del romanzo<br />

contemporaneo e con il quale, inevitabilmente, il critico confronterà,<br />

nelle sue recensioni, il lavoro letterario <strong>di</strong> ciascun autore preso in esame. Così,<br />

ad esempio, occupandosi <strong>di</strong> Madame Bovary, <strong>Gualdo</strong> ha messo in evidenza<br />

come questo volume “derivava in linea retta da Balzac e Stendhal”, tuttavia<br />

17 Ibidem.<br />

18 Ibidem.<br />

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