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Luigi Gualdo - FedOA - Università degli Studi di Napoli Federico II

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L’analisi delle “nuove formole” del romanzo francese<br />

tro) il proprio universo interiore a quello esterno, la propria vita sognata a quella<br />

tristemente esperita. “Nul doute que la modernité de Barbey d’Aurevilly”, <strong>di</strong>rà<br />

Gille, “ne tiennent en partie à cet aspect essentiel de son inspiration”. 100<br />

Nell’apertura del suo intervento <strong>Gualdo</strong> tenta <strong>di</strong> fornire una spiegazione razionale<br />

per motivare questa inclinazione aurevilliana alla commistione tra mon<strong>di</strong><br />

inconcibili: a suo parere qualcosa doveva essere celato nel suo passato, qualcosa<br />

doveva averlo palesemente deluso, qualcosa lo aveva spinto a rifugiarsi<br />

nella fantasia. E così, una volta narrate le sue origini – dalla nascita a Saint-<br />

Sauveur-le-Vicomte all’educazione impostagli fin da bambino alla vita militare<br />

(che doveva averlo profondamente segnato se il milanese, chiedendo a Coppée<br />

<strong>di</strong> esser ricordato al comune amico, gli inviava sempre un “salut d’armes”), 101<br />

dal primo fugace viaggio a Parigi agli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> legge a Caen – l’articolista insinua<br />

nel suo pubblico il dubbio che potesse essere capitato un qualche evento, <strong>di</strong><br />

cui nessuno sapeva nulla, avvenuto nel corso dei lunghi anni in cui nessuno aveva<br />

ricevuto più sue notizie. Barbey era letteralmente scomparso e nessuno sapeva<br />

cosa gli avesse riservato il destino durante quel periodo. Al pari <strong>di</strong> tanti altri,<br />

<strong>Gualdo</strong> si chiede cosa avesse mai fatto in tutto quel lungo tempo, dover fosse<br />

stato, quali passioni avessero agitato il suo animo <strong>di</strong> giovane ardente, ma soprattutto<br />

si domanda se per caso avesse avuto molte avventure rassomiglianti a<br />

quelle che descrisse più tar<strong>di</strong> con tanta intensità nei suoi romanzi. Dinnanzi ai<br />

suoi lettori, dunque, il pubblicista ammette <strong>di</strong> non avere una risposta sicura da<br />

offrire, e tuttavia non esita ad avanzare una sua ipotesi, e cioè che, ritornato forse<br />

ferito e triste, ma forte, corazzato, armato per tutte le battaglie, maturo d'ingegno,<br />

avendo molto perduto, tranne la sua fede, scettico ed ironico per le cose<br />

del mondo, Barbey potesse essere rimasto segnato da quegli anni, affermando<br />

che “quel periodo ebbe una forte influenza sulla sua vita letteraria”. 102<br />

Dal punto <strong>di</strong> vista umano questa taciuta esperienza <strong>di</strong> gioventù sarebbe stata<br />

secondo <strong>Gualdo</strong> la causa per la quale il grande scrittore normanno “è passato<br />

100<br />

P. GILLE, L’ambivalence chez Barbey d’Aurevilly. Structure, figure et genèse, in «La<br />

Revue des Lettres Modernes», n. 8, 1973, p. 41.<br />

101<br />

Si vedano le lettere X e X<strong>II</strong>I a François Coppée – l’una, presumibilmente, del 1883 e<br />

l’altra del 1884 –, entrambe chiosate da un “salut d’armes à J. B. d’A.” (P. DE MONTERA, <strong>Luigi</strong><br />

<strong>Gualdo</strong>, cit., pp. 229 e 235). La formazione militare doveva aver con<strong>di</strong>zionato lo scrittore<br />

francese anche nel suo modo <strong>di</strong> parlare se Bourget scriverà: “Barbey martelant limitairement<br />

chacque sillabe” (P. BOURGET, Pages de critique et de doctrine, vol. I, Paris, Plon-Nourrit,<br />

1912, p. 35).<br />

102<br />

L. GUALDO, Barbey d’Aurevilly, cit., p. 1.<br />

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