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Annali dell'Islam

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s 3ao. 23. a. H.<br />

23. a. H. yon acqua di rose. Ella fece cadere ruccello nell'acqua di rose ed esso vi<br />

(NECROLOGIO. - .<br />

óabaiah b. al- ^i avvoltolò coii le ali, il dorso e il ventre; poi l 'estrasse e lo gettò nella<br />

Ayham.ì tazza del muschio e dell'ambra, e vi si avvoltolò fino a non lasciarvi dentro<br />

alcun resto. Allora la schiava lo spaurì, e l'uccello prese il volo e andò<br />

a posarsi sulla corona di (rabalah. e là. scuotendo le ali, spolverò le sue<br />

ali e tutto senza eccezione andò a cadere sulla testa di U-abalah. Allora<br />

egli disse alle .schiave: « Fatemi sentire della musica », ed es.se scrollarono<br />

(= diedero di piglio a) i loro liuti e cantarono :<br />

Come era nobile quel gruppo di uomini, di cui io fui il commensale un giorno in<br />

Gilliq al tempo ormai passato.<br />

Bianchi nel viso, illustre la loro nobiltà, (ieri nel naso (:= orgogliosii, di prima<br />

qualità.<br />

Coprivano i loro cani perchè non gemessero dal freddo, non domandavano chi fosse<br />

all' individuo (?) che si appressava.<br />

Allora Grabalah passò dal pianto al riso, vinto dall'emozione, poi disse :<br />

« Ancora » ; ed esse si misero a cantare :<br />

A chi appartengono le dimore di Mu'an, fra la riva del Yarmiik ed al-Sammàn?<br />

E il campo di Gàsim, le case di al-Safr. dimore di tribù e di uomini generosi?<br />

E i villaggi {?) di Balàs e di Dàriyà, e di Sakkà, e i castelli lal-Qusur, vedi XIII,<br />

170, lin 1 e 14) confinanti?<br />

Questo era il soggiorno degli al Gafnah quando essi erano in patria; ma è un de-<br />

stino inevitabile la vicenda delle sorti.<br />

La Pasqua si avvicina e le ragazze mettevano in fila rapidamente coloro che dovevano<br />

mangiare il margàn.<br />

Io sapevo là di avere per un dritto ormai stabilito il mio seggio e il mio posto<br />

presso colui che portava la corona (il re della gente .<br />

Allora Grabalah mi disse: « Cono.sci queste dimore?». Eisposi : «No».<br />

Disse : queste sono le nostre dimore quando noi regnavamo nei dintorni<br />

« di Dimasq, e questi versi sono di Hassàn b. Thàbit, il poeta del Pro-<br />

« feta ». Risposi: «Egli ha perduta la vista ed è in età avanzata. Allora<br />

egli disse: «O ragazza, dammi qua». Quella si avvicinò e gli prese cin-<br />

quecento dìnàr e cinque abiti di seta, e (iabalah disse :<br />

.<br />

« Consegna questo<br />

« a Hassàn, e portagli il mio saluto ». Poi voleva indurmi ad accettare<br />

altrettanto per me, ma io rifiutai. Egli allora diede in lagrime, quindi disse<br />

alle sue schiave: « Fatemi piangere ». Ed esse posarono a terra i loro liuti<br />

('ùd) e presero a recitare i versi di lui:<br />

I nobili si fecero cristiani per non subire l'onta di uno schiaiFo; eppure in fondo, se<br />

avessi avuto pazienza, non c'era in esso alcun danno per me.<br />

In quel momento io ero avvolto in alterigia ed orgoglio, e per esso io vendetti la<br />

sanità della vista contro una vista obliqua.<br />

Magari mia madre non mi avesse partorito, magari io fossi ritornato alle parole che<br />

mi disse 'Umar!<br />

Magari fossi attorno a un accampamento a condurre al pascolo le caraele, o vivessi<br />

prigioniero tra i Rabi'ah o i Mudar! [segit^ un verso incompreso].<br />

Potessi io essere in Siria e condurre la vita più modesta, sedendo colla mia gente,<br />

e spingendo attorno (? o avendo perduto i l'udito<br />

e la vistai<br />

198.

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