Annali dell'Islam

§ 650. 23. a. H.
23. a. H. ,](.! Libro» (Ahi al-Kitàb: Ebrei e Cristiani) e alla cessazione di rap-
* *^i°"^1m'!"LJ porti con le tribù che ancora non riconoscevano il nuovo ordine di cose,
vincie conquista- L'allusione principale appartiene anzi ad una delle ultime, se non proprio
d^minio*^' arabo l'ultima rivelazione importante, prima che il riformatore scendesse nella
e in particolare tomba. « Combattete contro coloro che non credono in Dio né nell'ultimo
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Umar.|
regno i
triorno, o ' che non vietano quanto ^ Dio e il suo Inviato hanno vietato, ' e
« non protessano la vera religione . .
. , finché pagheranno la g i z y a h per
« dovere di .soggezione ...» (IX, 29). Ma anche queste allusioni sono cosi
hrevi e incomplete, da lasciare molta oscurità e incertezze, fonti poi di molti
errori da parte dei giuristi sistematici dell" Islam.
Quanti hanno intrapreso lo studio dell' argomento, forse quasi in-
volontariamente trascinati dallo schema sistematico dei giuristi, hanno
esposto tutto il problema, partendo da alcuni principi fondamentali stabi-
liti e chiariti nei manuali musulmani di diritto islamico. Tale sistema di
esporre è buono se
soltanto ! — nel ii
si vuole
e nel iii
stabilire che cosa esistesse — teoricamente
secolo della Higrah, quando furono messe le
basi del diritto musulmano ; ma lo studio condotto in siffatta maniera
porta a conclusioni del tutto errate, se desideriamo conoscere lo stato vero
delle cose fin dai primordi dell'Islam, e le prime fasi della sua evoluzione.
In questo caso dobbiamo partire dalle nostre fonti più antiche, il Quràn.
le tradizioni più sicure e i papiri, e venire solo in ultimo ai principi gene-
rali enunciati dai teorici sistematici dell' Islam. Questo criterio ci esime
dall'obbligo di dare tutte le definizioni e i termini tecnici dei giuristi isla-
mici e ci permette di circoscrivere il nosti'o lavoi'o alla ricerca dei soli
fatti veri : i primi musulmani ignorarono del tutto le definizioni dei teo-
rici posteriori, e non diedero mai un solo pensiero a coordinare i loro atti
conformemente a concetti astratti (cfr. Becker Beitràge, 82; Wellhausen
Reich, 177).
Nota i. — Mentre il Griinme (Leb. Moh., I, 58, 122-126) e il Lammens (Moawia, I, 422) negano
a Maometto di aver predicato a tutto il mondo, il Noldeke iWZKM., voi. XXI, ] ag. SOTì e il Goldziher
( Vorlesinigen iiber den Islam, 25-'27ì sostengono tenacemente il contrario, ossia che Maometto abbia
avuto in mente di compiere una missione mondiale. Su questo argomento avremo occasione di ritor-
nare in avvenir», e non lo discutiamo in questo luogo. Facendo pur omaggio riverente ai nostri due
massimi islamisti viventi, debbo purtroppo insistere che le ragioni addotte non mi convincono. I testi
quranici addotti dal Goldziher sono formule religiose adottate da Maometto, per suggerimento delle
altre fedi. L'ordine di Maometto fu di combattere la » Gente del Libro ^ fir.chè avessero pagata la gizyah:
ma non per convertirli. Non vi è un solo passo del Quràn con il quale si ordini ai Musulmani
di adoperarsi a convertire Cristiani ed Ebrei. In principio Maometto sperò attirare gli Ebrei e credette
che l'Isiàm fosse identico al Cristianesimo: quando scopri il suo errore si staccò nettamente dalle due
fedi e non pensò più alla conversione di Ebrei e Cristiani. — Con questi concetti fondamentali, che si
i-itrovano identici nei primi musulmani dominatori dell'Asia Anteriore, è possibile parlare di missione
mondiale? Conquistare paesi per impadronirsi dei suoi redditi non è missione religiosa. — Il tatto e.
come ammette il Goldziher (1. e), che l'orizzonte morale di Maometto fu assai ristretto e quando nel
Quràn parlava di al-nàs (la gente) o 'àlamùn (i mondi [si noti altresì che non è termine religioso
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