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tesi G. Basile.pdf - EleA@UniSA - Università degli Studi di Salerno

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mestizia profonda” in questo episo<strong>di</strong>o immortale, che lascia «nell’anima del lettore un<br />

senso misterioso <strong>di</strong> quelle ore solenni, in cui due anime vivono una vita straor<strong>di</strong>naria».<br />

Il momento <strong>di</strong> commozione è intenso e precede il momento della passione; il<br />

Gallo, aderendo al testo dantesco, traduce:<br />

Amure e livru Galiotta foza!<br />

Cchiù nun lejemme, ’u fattu era passatu.<br />

(If. V, 137-138)<br />

Secondo Gioacchino Paparelli, agli occhi del lettore me<strong>di</strong>o, l’episo<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Paolo<br />

e Francesca continua a presentarsi non come un momento del cammino e della<br />

redenzione <strong>di</strong> Dante, ma come una comune trage<strong>di</strong>a o una lirica d’amore. Com’è<br />

noto, è Ugo Foscolo a scoprire il tessuto drammatico dell’episo<strong>di</strong>o, in contrasto con le<br />

finalità morali e artistiche <strong>di</strong> Dante. A lui, generoso cantore della bellezza e<br />

dell’amore non sembra assurda l’idea <strong>di</strong> una Giustizia <strong>di</strong>vina <strong>di</strong>venuta «clemente a<br />

que’ miseri amanti da che, fra’ tormenti infernali, concedeva ad essi d’amarsi<br />

eternamente in<strong>di</strong>visi» 47 .<br />

Ma poi Scervini si allontana dal testo, descrivendo una reazione che Dante non<br />

ha in<strong>di</strong>cato, anche se la scena risulta molto efficace. Il vocativo tinta mia, cioè ‘misera<br />

me’, assomiglia più ad un grido <strong>di</strong> dolore e sembra contenere un’ammissione <strong>di</strong> colpa.<br />

L’emozione <strong>di</strong> Dante è talmente intensa da provocare una vera e propria vertigine, a<br />

causa della quale il poeta pellegrino cade cumu ’u ammazzatu. Il mancare <strong>di</strong> Dante è<br />

reso come uno svenimento da Vincenzo Gallo, con il famoso verso:<br />

e ’n terra me tummai cumu ’nu piru,<br />

(If. V, 142)<br />

qui si avverte il rumore della caduta <strong>di</strong> un corpo inerte, la caduta <strong>di</strong> una pera matura<br />

accompagnata dal suono onomatopeico tummai; questa immagine, tuttavia, ci<br />

allontana dalla drammaticità del momento e ci porta in un’atmosfera agreste.<br />

Dante, Messina, Officine tip. A. Coletta, 1927; Gaetano Cingari, Romanticismo e democrazia nel<br />

Mezzogiorno: Domenico Mauro, Napoli, E.S.I., 1965.<br />

47 Gioacchino Paparelli, Ethos e pathos nell‘episo<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Francesca da Rimini, in Id., Ideologia e poesia<br />

<strong>di</strong> Dante, Firenze, Olschki, 1975, pp. 173-175.<br />

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