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tesi G. Basile.pdf - EleA@UniSA - Università degli Studi di Salerno

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del secolo» estratto «dall’uso parlato» e modellato dalla penna colta dello scrittore. Le<br />

modalità espressive dello Scervini sono per Piromalli quelle <strong>di</strong> un realismo popolare,<br />

come attesta ad esempio la scelta <strong>di</strong> forme <strong>di</strong>alettali per rendere incisive immagini<br />

come quella del visu cottu <strong>di</strong> Brunetto Latini, oppure la sublime immagine <strong>di</strong> La<br />

grazia de D<strong>di</strong>u, chi movi ogne cosa / trasi ppe tuttu, e lla luci susteni.<br />

Le superbe similitu<strong>di</strong>ni, le immaginose figure, le espressioni fresche e<br />

imme<strong>di</strong>ate trovano risalto efficace e viva espressione in questa traduzione. Il <strong>di</strong>aletto<br />

in Calabria dà voce alla protesta con toni drammatici e ironici, <strong>di</strong> rivolta e <strong>di</strong><br />

palingenesi; l’opera dantesca <strong>di</strong>venta, per l’intellettuale calabrese, affermazione <strong>di</strong><br />

umanità e lotta per la giustizia.<br />

Le traduzioni calabresi della Comme<strong>di</strong>a non sono da valutare come mera<br />

esercitazione <strong>di</strong> letterati, desiderosi <strong>di</strong> emulare l’ineguagliabile tensione lirica<br />

dell’originale, ma come spia <strong>di</strong> una tendenza preferenziale. Tale preferenza trae<br />

origine dalla fonte fascinosa delle opere del calabrese abate Gioacchino e dei suoi<br />

seguaci, che sono stati presenti nella storia culturale della regione calabra. Si tratta <strong>di</strong><br />

una linea <strong>di</strong> tendenza culturale che ha visto in Dante non solo il poeta dell’esilio<br />

immeritato, ma principalmente il poeta della protesta. I traduttori della Divina<br />

Comme<strong>di</strong>a hanno contribuito a far incontrare Dante poeta e personaggio con il popolo<br />

calabrese, polarizzandone l’ansia <strong>di</strong> rinnovamento. Uno dei tanti in<strong>di</strong>zi <strong>di</strong> questa<br />

aspirazione palingenetica si può cogliere nella terzina de<strong>di</strong>cata a Gioacchino da<br />

Fiore 22 nel canto XII del Para<strong>di</strong>so: e m’illuma dde latu / lu calabrisu abatu San<br />

Gioacchinu / chi prufeta famusu fo chiamatu. Come è dato notare, Scervini<br />

aggiunge al testo dantesco l’epiteto <strong>di</strong> Santo, perché tale era Gioacchino nella <strong>di</strong>ffusa<br />

tra<strong>di</strong>zione popolare calabrese. Dante e Scervini sono rapiti dal simbolismo, dai<br />

contenuti universali dell’abate calabrese; in vari canti della Comme<strong>di</strong>a, infatti, sono<br />

vive presenze le idee e le immagini gioachimite.<br />

Il lavoro <strong>di</strong> Scervini si colloca nel quadro della fortuna <strong>di</strong>alettale della Divina<br />

Comme<strong>di</strong>a in Calabria tra l’Ottocento e il Novecento e s’impone non solo per la<br />

traduzione dell’intero poema, ma anche per un buon superamento dei ben noti scogli<br />

delle tre cantiche. Il traduttore calabrese preleva i fatti, i mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> <strong>di</strong>re della sua terra e<br />

li organizza in versi per farne oggetto <strong>di</strong> storia, <strong>di</strong> conoscenza creativa. È versatile e<br />

22<br />

Cfr. Luigi Tonelli, Il “Libro delle figure” dell’abate Gioacchino da Fiore, in collaborazione con<br />

Marjorie E. Reeves e Beatrice Hirsch-Reich, Torino, S.E.I., 1953, voll 2; Francesco Foberti,<br />

Gioacchino da Fiore e il gioachimismo antico e moderno, Padova, Cedam, 1942; Antonio Piromalli,<br />

Gioacchino da Fiore e Dante, Ravenna, Longo, 1966; Sandro Paparatti, Capitoli sull’evangelo eterno:<br />

attualità del pensiero gioachimita, Cosenza, Pellegrini, 1972.<br />

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