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tesi G. Basile.pdf - EleA@UniSA - Università degli Studi di Salerno

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La lunga perifrasi del secondo canto, con cui Dante descrive l’ascendere del<br />

sole e il cammino delle opposte costellazioni, non ha grande rilevanza per il<br />

traduttore calabrese, che non considera il problema da un punto <strong>di</strong> vista<br />

esclusivamente interpretativo, sembrandogli sufficiente far capire al lettore che se a<br />

Gerusalemme scende la sera, sull’altro emisfero, dove si trova la montagna del<br />

Purgatorio, è mattina:<br />

Cumu a Gerusalemmi alla campagna<br />

lu sulu appena appena cumparìa,<br />

ccussì d’ ’u Prigatoriu alla muntagna;<br />

mentri la terra scura si facìa,<br />

e la notti ccu stilli s’ammantava<br />

intra ’nu suonnu de malanconìa.<br />

(Pg. II, 1-6).<br />

È singolare l’immagine del sole che, all’orizzonte, da una parte illumina la<br />

terra con gli ultimi raggi, inducendo quel senso <strong>di</strong> malinconia che è proprio del<br />

tramonto, dall’altra esprime il trionfo della luce. È uno dei casi in cui lo Scervini dà<br />

un’interpretazione assolutamente personale del testo dantesco, rispettandone pur<br />

sempre il contenuto semantico.<br />

L’incontro <strong>di</strong> Dante con Casella, simboleggia il tema dell’amicizia: Dante<br />

sospira «Ohi ombre vane, fuor che ne l’aspetto!». E sulla linea dell’Enea virgiliano,<br />

che per tre volte stringe fra le braccia l’ombra del padre Anchise, labile come la brezza<br />

primaverile, Dante coglie e Scervini traduce l’impalpabilità dell’amicizia nel secondo<br />

regno dell’al<strong>di</strong>là. E poi l’amoroso canto intonato da Casella sulla spiaggia del<br />

Purgatorio evoca al pellegrino Dante la giovinezza, le seduzioni della filosofia e della<br />

poesia: Amor che ne la mente mi ragiona e dolci rime d’amor ch’io solìa. Virgilio,<br />

Dante e gli spiriti che stanno sulla spiaggia purgatoriale sono rapiti dalla melo<strong>di</strong>a <strong>di</strong><br />

Casella.<br />

Nel 1825 Ugo Foscolo e nel 1870 Francesco De Sanctis vedevano nella scena<br />

<strong>di</strong> Casella «la più gentile tra le scene del Purgatorio, quel mondo i<strong>di</strong>llico [...] dove<br />

tutto è pace e affetto e dove si manifestano con effusione le pure gioie dell’arte, i dolci<br />

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