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tesi G. Basile.pdf - EleA@UniSA - Università degli Studi di Salerno

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La terra lacrimusa dezi vientu,<br />

mannau ’na luci russa, iu la vi<strong>di</strong>vi,<br />

135 chi mi annegliatti nugne sentimientu,<br />

e cumu muortu de suonnu ca<strong>di</strong>vi.<br />

133-135. La terra lacrima ... sentimientu: ‘La terra bagnata <strong>di</strong> lacrime sprigionò vento, / balenò una<br />

luce rossa, io la vi<strong>di</strong> / perché mi annebbiò ogni sentimento’. Nel Me<strong>di</strong>oevo si riteneva che il terremoto<br />

fosse dovuto al vento che si nasconde nelle grotte sotterranee e che il baleno rossastro, sprigionato<br />

anch’esso dalla terra, dovesse attribuirsi al calore del Sole, penetrato nell’umi<strong>di</strong>tà del suolo. Scervini,<br />

dopo ripetute lezioni, efficacemente traduce.<br />

136. E cumu ... ca<strong>di</strong>vi: ‘E cad<strong>di</strong> come chi è vinto dal sonno’. Il verso, che chiude il canto con<br />

l’immagine dello svenimento determinato dal vermiglio baleno e dal terremoto, è reso nella versione<br />

scerviniana con il tono d’una pesante sonnolenza, attenuata, invece, dal Chitarraro, un altro traduttore<br />

calabrese Vincenzo Gallo, che così traduce: Cuom’uomu addormisciutu casculai! Quest’ultimo verbo<br />

in<strong>di</strong>ca proprio il reclinar del capo dell’assonnato.<br />

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