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tesi G. Basile.pdf - EleA@UniSA - Università degli Studi di Salerno

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Benedetto Croce perentoriamente afferma: «la poesia, rigorosamente parlando,<br />

non si traduce [...] chi traduce con la pretesa <strong>di</strong> sostituire l’originale fa come uno che<br />

volesse dare a un innamorato un’altra donna in cambio <strong>di</strong> quella che egli ama, una<br />

donna equivalente o su per giù simile; ma l’innamorato è innamorato proprio <strong>di</strong> quella<br />

e non <strong>degli</strong> equivalenti» 17 . Se si fosse dovuto dar retta alle ragioni <strong>di</strong> Croce,<br />

certamente non si sarebbe dovuto porre mano a nessuna traduzione <strong>di</strong>alettale o<br />

traduzione in lingua straniera<br />

Ma abbondanti sono state le traduzioni ottocentesche e novecentesche della<br />

Comme<strong>di</strong>a, e anche i "tra<strong>di</strong>menti", dalla traduzione del Porta ad oggi. Sono traduzioni<br />

<strong>di</strong>alettali che hanno recuperato il tempo e il mondo <strong>di</strong> Dante, per inserirlo nello stu<strong>di</strong>o<br />

attuale a testimonianza del rapporto che c’è tra le lingue regionali e Dante Alighieri.<br />

Secondo lo stu<strong>di</strong>oso Francesco Di Gregorio, queste traduzioni hanno aderito,<br />

dall’inizio del Novecento ad oggi, a due sostanziali esigenze, <strong>di</strong> cui la prima trova la<br />

propria ragion d’essere «dentro il clima <strong>di</strong> rivalutazione romantica delle traduzioni<br />

popolari e dei <strong>di</strong>aletti, mentre la seconda si colloca in un <strong>di</strong>segno più specificamente<br />

linguistico <strong>di</strong> elevazione a rango <strong>di</strong> lingua autonoma del <strong>di</strong>aletto, che perciò si vede<br />

nobilitato, ma anche <strong>di</strong>versificato, rispetto a quello della cultura popolare» 18 . Nell’età<br />

postromantica si avverte la necessità intrinseca <strong>di</strong> rendere popolare anche la Divina<br />

Comme<strong>di</strong>a. L’esigenza è evidenziata esplicitamente dal Cannizzaro nella sua<br />

traduzione siciliana della Comme<strong>di</strong>a: «Ai Comuni <strong>di</strong> Sicilia / questa versione nel loro<br />

linguaggio collettivo / perché la <strong>di</strong>ffusione del sacro poema nel popolo vaglia a<br />

rialzare l’i<strong>di</strong>oma, la cultura, lo spirito e contribuisca al più largo e sano sviluppo della<br />

coscienza Nazionale». Ma il Falcone, suo biografo, nel commentare tale de<strong>di</strong>ca <strong>di</strong>ce<br />

che il popolo cui il lavoro era destinato rimase in<strong>di</strong>fferente "fra tanto plauso <strong>di</strong><br />

colti" 19 .<br />

*****<br />

17 Benedetto Croce, La letteratura della Nuova Italia, vol. IV, Bari, Laterza, 1940, p. 124.<br />

18 Francesco Di Gregorio, Le traduzioni novecentesche della "Divina Comme<strong>di</strong>a" nei <strong>di</strong>aletti italiani, in<br />

AA. VV., L’opera <strong>di</strong> Dante nel mondo. E<strong>di</strong>zioni e traduzioni nel Novecento, Atti del convegno<br />

internazionale <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>, Roma, 27-29 aprile 1989, a cura <strong>di</strong> Enzo Esposito, Ravenna, Longo E<strong>di</strong>tore,<br />

1992, pp. 289-302.<br />

19 Nino Falcone, Tommaso Cannizzaro, Marina <strong>di</strong> Patti, Pungitopo, 1983, p. 83.<br />

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