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tesi G. Basile.pdf - EleA@UniSA - Università degli Studi di Salerno

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Raggiunto l’Eden, l’affettuosa guida – che ha accompagnato il suo <strong>di</strong>scepolo<br />

nel lungo viaggio della ricognizione e purificazione dei propri peccati – ha compiuto la<br />

sua missione. L’umana scienza non può fare più niente. Dante è ormai arbitro supremo<br />

e signore <strong>di</strong> se stesso, fino a che non giungerà Beatrice, la fede, la scienza rivelata, che<br />

lo condurrà a Dio. Il pellegrino, padrone <strong>di</strong> sé, s’inoltra nella foresta fitta e profumata,<br />

non lontano, verso sinistra, scorre un fiumicello trasparente, il Letè.<br />

Gli exempla potrebbero continuare all’infinito, ma desidero soffermarmi sulla<br />

figura <strong>di</strong> Beatrice del canto XXX, ricondotta da Scervini in una <strong>di</strong>mensione, più che<br />

spirituale, molto umana:<br />

La povara arma mia, chi tiempu tantu<br />

era passatu ch’alla sua prisenza<br />

nun si truvava, nni provau llu ’ncantu.<br />

Ppe lli novi bellizzi ’a canuscenza<br />

persu n’avìa, ma a nna sua guardata<br />

’ntisi a l’amuru anticu la putenza.<br />

(Pg. XXX, 34-39)<br />

L’«arcana virtù» dantesca si trasforma in uno sguardo, in una guardata che<br />

Beatrice rivolge a Dante: è una comunicazione particolarissima! Nuove bellezze<br />

adornano la Beatrice celeste rispetto alla Beatrice terrestre. La scomparsa <strong>di</strong> Virgilio e<br />

il conseguente dolore <strong>di</strong> Dante vengono tradotti con espressioni <strong>di</strong>alettali molto<br />

efficaci:<br />

Mma Virgiliu de mia s’era scucchiatu,<br />

Virgiliu, mia saluti e cumpagnia,<br />

Virgiliu, patru miu caru ed amatu.<br />

(Pg. XXX, 49-51)<br />

Il lessema cucchia equivale a ‘coppia’, pertanto l’espressione de mia s’era<br />

scucchiatu (da me s’era separato) sembra stabilire una sorta <strong>di</strong> simbiosi che c’era tra<br />

Maestro e <strong>di</strong>scepolo. Beatrice esorta Dante a non piangere per la partenza <strong>di</strong> Virgilio,<br />

perché dovrà piangere per ben altre ragioni; invece, nella traduzione Beatrice giustifica<br />

il pianto <strong>di</strong> Dante, ma lo avverte anche che questo pianto è poca cosa rispetto a quello<br />

che dovrà piangere ancora:<br />

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