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Registro missive n. 12 - Istituto Lombardo Accademia di Scienze e ...

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146<br />

Francesco Sforza scrive al podestà <strong>di</strong> Cassine circa il furto subito da Frasco da parte <strong>di</strong> due<br />

suoi famigli fuggiti con cavalli e altro nel Monferrato presso un uomo <strong>di</strong> ser Guglielmo, cui è<br />

stata ceduta la refurtiva. Il duca vuole che informatosi da Simome Trotto, abitante a Castellazzo,<br />

già famiglio <strong>di</strong> Frasco, cerchi <strong>di</strong> pigliare i fuggitivi e farsi restituire cavalli e cose.<br />

1452 febbraio 4, Milano.<br />

29r Potestati Cassinarum.<br />

Lo strenuo Frasco, nostro conductero, ne ha exposto dolendosi gravemente che li<br />

sonno fugiti doi famigli deli soi et menatoli via dei cavalli et altre robbe, quali sonno<br />

capitati in Monferato et aconzatosi cum uno homo d'arme del ser Guielmo, quale ha<br />

avuti <strong>di</strong>cti cavalli et robbe. Et perché <strong>di</strong>cto homo d'arme sole praticare ale fiade lì in<br />

quella nostra terra, pertanto volimo che pigliando tu bona informatione de questa cosa<br />

da Simone Trotto, olim famiglio del <strong>di</strong>cto Frascho, habitatore del Castellazo, taliter che,<br />

cognoscha molto bene <strong>di</strong>cto homo d’arme et malfactori, arrivando lì o nel <strong>di</strong>strecto<br />

d'essa terra dove gli possi mettere le mane adosso, li debbi destenere et constrengerli<br />

ad restitutione de <strong>di</strong>cti cavalli et robbe integramente, como è nostra intentione et non<br />

lassarli senza nostra licentia, usando in ciò ogni toa <strong>di</strong>ligentia et sollicitu<strong>di</strong>ne, et tanto<br />

inten<strong>di</strong>mo debbi destenere <strong>di</strong>cto homo d'arme quanto qualuncha altro de soi arrivasse<br />

lì. Me<strong>di</strong>olani, <strong>di</strong>e iiii februarii 1452.<br />

Cichus.<br />

In simili forma scriptum fuit potestati Castellatii.<br />

147<br />

Francesco Sforza or<strong>di</strong>na al podestà <strong>di</strong> Varzi <strong>di</strong> far dare dagli uomini del locale terziere a Colella<br />

da Napoli ciò che Marco Corio gli deve ancora.<br />

1452 febbraio 4 , Milano.<br />

Potestati Varcii.<br />

El strenuo Colella da Napoli, nostro conductero, se grava che non pò essere satisfacto<br />

de alcuni denari deve havere dele tasse soe dali homini del terzero de Varci, como<br />

devi essere informato. Il perché te <strong>di</strong>cemo et commectimo prove<strong>di</strong> ch'el sia satisfacto,<br />

como fo or<strong>di</strong>nato per Marcho Coyro, nostro famiglio, ita che non ne habiamo più<br />

querela. Me<strong>di</strong>olani, iiii februarii 1452.<br />

Cichus.<br />

148<br />

Francesco Sforza scrive a Nicolò da Verona, armigeo a Vailate, sulla violenza da lui usata verso<br />

la donna che voleva per moglie. Il perdono richiesto viene dal duca negato.<br />

1452 febbraio 5, Milano.<br />

29v Nicolao de Verona, armigero in Vaylate.<br />

Havimo recevuta toa lettera per la quale te accusi havere violata quella zovane cercavi<br />

havere per donna, et cognoscendoti havere gravemente errato ce doman<strong>di</strong><br />

perdonanza. Al che te <strong>di</strong>cemo che ne miravigliamo et dolemoci de ti sii incorso in tale<br />

et tanto excesso quanto è ad violare una donna, et sappiando ti quanto habiamo<br />

operato perché cum honesti et laudabili mo<strong>di</strong> la venisse ad consequire, de poi ce habbi<br />

facto questo manchamento et vergogna, quale per doe casone assai più che forsi tu<br />

non consideri extimiamo; primo per essere la zovene nostra sub<strong>di</strong>ta et che sia questo<br />

acto commesso in le terre et paiese nostro; secundario per essere noi operati et<br />

intromissi ad fare che fosse contenta de torte per suo marito. Le quale casone ce fano<br />

retrogra<strong>di</strong> ad doverte perdonare, chè, perdonandote, ce ne resultariano doe vergogne<br />

dele quale l’una non possiamo già evitare, perché è occorsa, videlicet de havere usata<br />

tale deshonestate nel paese nostro, ma ad questa haverimo patientia cum farti quello

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