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Registro missive n. 12 - Istituto Lombardo Accademia di Scienze e ...

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483r Domine ducisse.<br />

Dappuoi che hieri sera scripsemo ala vostra signoria non è hogi qui seguito altro de<br />

novo se non che, havendo messer Aluysino Bosso certo debbito con uno balestrero de<br />

nostri, qual l'anno passato per fallo et delicto haveva commisso in lo loco <strong>di</strong> Mileto, lo<br />

facemo pigliare in Pizghitone et havevamo or<strong>di</strong>nato con <strong>di</strong>cto domino Aluysino fusse<br />

conducto ad Mileto per farlo iusticiare lì. Unde, siando poi pregati con grande instantia<br />

che gli perdonassemo, tanta instantia ne fo facta che gli (a) remettessemo el fallo, <strong>di</strong>cto<br />

Aluysino haveva tolta la robba al <strong>di</strong>cto balestrero, quale haveva in Mileto et così in<br />

Pizghitone, et havendone de questi dì passati continuo pregato che gli facessemo<br />

rendere la robba sua possa gli havevamo facto grazia dela persona del fallo commisso,<br />

facemo <strong>di</strong>re al <strong>di</strong>cto domino Aluysino doe volte che facesse restituire la robba alo <strong>di</strong>cto<br />

balestrero, e non gli l'avendo voluta rendere, immo havendogli <strong>di</strong>cto molta villania, et<br />

ultra ciò gli <strong>di</strong>xe voleva per ogni modo che luy pagasse la spesa del boya, quale era<br />

stata facta quando si doveva iustitiare, pigliò de queste parole quello balestrero tanto<br />

<strong>di</strong>specto et <strong>di</strong>spiacere che devenne in desperatione, per modo che questa sira ad hore<br />

circha doe de nocte, ed essendo andato <strong>di</strong>cto messer Aluysino al suo logiamento et<br />

siando spoliato per andare a dormire et andando al destro, quello tra<strong>di</strong>tore balestrero<br />

de nascoso, fora dela sua fraschata, gli trasse cum la balestra d'una latola nel pecto<br />

per modo ch’el passò del’altro canto et non possete parlare né <strong>di</strong>re niente, et<br />

imme<strong>di</strong>ate et allo instanti fu morto. Io(hanne) mandato intorno ad cerchare per tucto,<br />

ma non s'è possuto havere, ché imme<strong>di</strong>ate se n'é andato via, et saria stato impossibile<br />

haverlo, siando de nocte. Che se la fortuna havesse voluto che l'havessemo possuto<br />

havere, ne haveressemo facto quella detratio che se havesse facto d'uno cane, et tale<br />

vendecta che per sempre seria stato exemplo. Questo caso ne è tanto doluto et tanto<br />

ne è stato et è molestissimo per <strong>di</strong>cto messer Aluysino, per la casa soa et per la soa<br />

virtute et lo amore et affectione gli portavamo, che non lo poressimo exprimere con la<br />

lingua né con la penna, siando tanto desgratiato quanto è stato. Il perché con<br />

<strong>di</strong>spiacere de animo et molestia gran<strong>di</strong>ssima lo significamo ala vostra signoria, la quale<br />

confortiamo et pregamo lo notifiche ala donna soa et ali suoi con quello modo gli<br />

parerà, notificandoli lo dolore et malanconia ne portiamo per li respecti pre<strong>di</strong>cti. Questo<br />

caso è seguito tanto subito et inopinato de nocte como è, non se gli è possuto per nuy<br />

né per altri dare reme<strong>di</strong>o alcuno, che tanto più ne è doluto et dole cor<strong>di</strong>almente. Data<br />

ut supra.<br />

Cichus.<br />

(a) Segue perdonassemo depennato.<br />

2257<br />

Francesco Sforza al podestà e castellano <strong>di</strong> San Colombano<br />

(1453 luglio 21, “apud Gaydum”).<br />

Francesco Sforza vuole che il podestà e castellano <strong>di</strong> San Colombano intervengano per far<br />

restituire a Giacomo da Maleto quanto rubatogli dal famiglio Domenico da Graffignana. Siccome<br />

in detto luogo vi è della roba sua, gli or<strong>di</strong>na <strong>di</strong> farne avere a Giacomo quel tanto che lo sod<strong>di</strong>sfi<br />

della sua per<strong>di</strong>ta.<br />

483v Prudenti viro castellano et potestati Sancti Columbani nostro <strong>di</strong>lecto.<br />

Se n'é fugito pochi dì sonno dal strenuo Iacomo da Meleto, nostro homo d'arme, uno<br />

suo fameglio chiamato Domenicho da Graffignana, quale gli ha portato via certa sua<br />

robba, como da luy, o suo messo, intenderay. Per la qual cosa, volendo nuy providere<br />

ala indemnitate soa, volemo, et così te coman<strong>di</strong>amo che, essendo capitato lì <strong>di</strong>cto<br />

famiglio, lo astrenghi ad restituire ogni robba che l'habia portato via, et non essendo lì,<br />

perché intendemo che l’ha lì del suo, volemo che dela robba soa faci satisfare al <strong>di</strong>cto<br />

Iacomo, siché più non habia ad venire da nuy con lamenta. Data ut supra.<br />

Bonifatius.<br />

Iohannes.<br />

2258<br />

Francesco Sforza al podestà <strong>di</strong> Lo<strong>di</strong>

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