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ISIDE SVELATA

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del Padre reso visibile; e, prima dell’epoca cristiana, dalla Trimurti degli Indù fino alle tre<br />

teste cabalistiche delle scritture spiegate ebraicamente, il dio triuno di ogni nazione è stato<br />

pienamente definito e sostanziato nelle sue allegorie. Nel credo cristiano ci vediamo solo<br />

l’innesto artificiale di un nuovo ramo sul vecchio tronco; e l’adozione, da parte delle<br />

Chiese greca e romana del simbolismo del giglio tenuto dall’arcangelo nel momento<br />

dell’Annunciazione mostra un pensiero dello stesso preciso significato metafisico.<br />

Il loto è il prodotto del fuoco (del calore) e dell’acqua: di qui il simbolo duale dello<br />

spirito e della materia. Il Dio Brahmâ è la prima persona della Trinità, come Jehova<br />

(Adam-Kadmon) e Osiride, o piuttosto Pimandro, o il potere del pensiero divino, o Ermete;<br />

perché è Pimandro che rappresenta la radice di tutte le divinità solari egiziane. L’Eterno è<br />

lo Spirito di Fuoco che risveglia, fa fruttificare e sviluppa in forma concreta tutto ciò che è<br />

nato dall’acqua o dalla terra primordiale, tutto ciò che è uscito per evoluzione dal Brahma;<br />

ma l’universo è esso stesso Brahma e Brahma è l’universo. È questa la filosofia di Spinoza,<br />

da lui derivata da Pitagora; ed è la stessa per cui Bruno morì martire. Quanto la teologia<br />

cristiana si sia allontanata dai suoi punti di partenza è dimostrato da questo fatto storico.<br />

Bruno fu ucciso per l’esegesi di un simbolo adottato dai primi cristiani e spiegato dagli<br />

apostoli! Il ramo di ninfea del Bhódisàt, e più tardi di Gabriele, rappresenta il fuoco e<br />

l’acqua, ossia l’idea della creazione e della generazione, ed è stato elaborato nel più antico<br />

dogma del sacramento battesimale.<br />

Le dottrine di Bruno e di Spinoza sono quasi identiche, sebbene le parole del secondo<br />

siano più velate e più cautamente scelte di quelle che si trovano nelle teorie dell’autore del<br />

De la causa, principio et uno, o De l’infinito universo et mondi. Tanto Bruno, il quale<br />

confessa che la fonte della sua informazione era Pitagora, quanto Spinoza, il quale, senza<br />

riconoscerlo così francamente, permette alla sua filosofia di tradire il segreto, considerano<br />

la Causa Prima dallo stesso punto di vista. Per loro, Dio è un’entità totalmente per sé, uno<br />

Spirito Infinito, l’unico Essere completamente libero e indipendente dagli effetti e dalle<br />

cause diverse da lui; il quale, per quella stessa Volontà che ha prodotto tutte le cose e ha<br />

dato il primo impulso a ogni legge cosmica, mantiene perpetuamente nell’esistenza e<br />

nell’ordine ogni cosa che è nell’universo. Al pari degli Swàbhàvika indù, erroneamente<br />

considerati atei, i quali affermano che tutte le cose, gli uomini come gli dèi e gli spiriti,<br />

sono nati da Swàbhàva), ossia dalla loro propria natura,(32) tanto Spinoza che Bruno<br />

furono indotti alla conclusione che Dio deve essere cercato all’interno della natura e non<br />

all’esterno. Perché, essendo la creazione proporzionale al livello del Creatore, l’universo,<br />

come il suo creatore, deve essere infinito ed eterno: una forma emana infatti dalla sua<br />

propria essenza e ne crea a sua volta un’altra. I commentatori moderni affermano che<br />

Bruno, “non sostenuto dalla speranza di un altro mondo migliore”, preferì tuttavia lasciare<br />

la vita che le sue convinzioni. Si può dunque pensare che Giordano Bruno non credeva in<br />

una esistenza continua dell’uomo dopo la morte. Il professor Draper afferma decisamente<br />

che Bruno non credeva all’immortalità dell’anima. Parlando delle innumerevoli vittime<br />

dell’intolleranza religiosa della Chiesa papale, egli nota: “Il passaggio da questa vita alla<br />

successiva, sia pure attraverso una dura prova, era il passaggio da una pena passeggera alla<br />

felicità eterna... Nel suo viaggio attraverso la scura valle, il martire credeva di essere<br />

(32) Brahmâ non crea la terra, Mrityuloka, né il resto dell’universo. Essendo evoluto lui stesso dall’anima del<br />

mondo, una volta separato dalla Causa Prima, egli emana a sua volta tutta la natura da sé. Non è al di sopra di<br />

essa, ma è mischiato con essa: Brahmâ e l’universo formano un solo Essere, ogni particella del quale è, nella<br />

sua essenza, Brahma stesso che procede da se stesso. (Burnouf, Introduzione alla storia del buddismo<br />

indiano, pag 118).<br />

118

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