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ISIDE SVELATA

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somiglianza della “dottrina segreta” che si trova nell’Avesta e la metafisica religiosa dei<br />

Caldei.<br />

DATTILI (daktulos, dito). Nome dato ai preti del culto di Kybelé (Cibele). Alcuni<br />

archeologi fanno derivare il nome da δάχτνλος, dito, perché erano dieci, lo stesso numero<br />

delle dita della mano. Ma non crediamo che questa ipotesi sia esatta.<br />

DEI PAGANI. Questo termine “dèi” è erroneamente inteso dalla maggior parte dei<br />

lettori nel significato di “idoli”. L’idea legata a essi non è quella di qualche cosa di<br />

oggettivo o antropomorfico. Eccettuati i casi in cui “dèi” significa entità planetarie divine<br />

(angeli), o spiriti disincarnati di semplici uomini, il termine porta alla mente del mistico —<br />

sia esso l’Hotar indù, il Mago mazdeano, lo Ierofante egiziano o il discepolo dei filosofi<br />

greci — l’idea di una manifestazione visibile, o conosciuta, di una potenza invisibile della<br />

natura. E tali potenze occulte sono invocate sotto gli appellativi di vari dèi che, per un certo<br />

tempo, hanno personificato questi poteri. Così ognuna delle innumerevoli divinità del<br />

Pantheon indù, greco ed egiziano, è semplicemente un Potere dell’“Universo Invisibile”.<br />

Quando il brahmano celebrante invoca Aditya — che, nel suo carattere cosmico, è la<br />

divinità sole — egli semplicemente comanda questa potenza (personificata in un dio) che,<br />

come egli afferma, “risiede nel Mantra come il sacro Vâch”. Questi poteri-dio sono<br />

allegoricamente considerati come i divini Hotar del Supremo Uno, mentre il prete<br />

(brahmano) è l’Hotar umano celebrante sulla terra, e, rappresentando quel particolare<br />

Potere, diventa, come un ambasciatore, investito della potenza che impersona.<br />

DEMIURGO. Artefice, il Potere Superno che costruisce l’universo. I frammassoni<br />

derivano da questa parola la loro espressione di “Supremo Architetto”. I principali<br />

magistrati di alcune città greche portavano questo titolo.<br />

DEMONI. Nome dato dagli antichi, e specialmente dai filosofi della scuola<br />

alessandrina, a ogni genere di spiriti, buoni o cattivi, umani o no. L’appellativo è spesso<br />

sinonimo di dèi o angeli. Ma alcuni filosofi tentarono, con buone ragioni, di fare giuste<br />

distinzioni fra le varie classi.<br />

DERVISCI. o come vengono chiamati, “incantatori giranti”. Indipendentemente dalla<br />

santità della vita, dalla preghiera e dalla contemplazione, il devoto maomettano presenta<br />

solo poche somiglianze con il fachiro indù. Quest’ultimo può divenire un sannyasi, ossia<br />

santo e mendicante sacro, il secondo non uscirà mai dalla sua seconda classe di<br />

manifestazioni occulte. Il derviscio può anche essere un potente magnetizzatore, ma non si<br />

sottoporrà mai, volontariamente, all’abominevole e quasi incredibile autopunizione che il<br />

fachiro inventa per sé con sempre crescente avidità, finché la natura soccombe ed egli<br />

muore fra lente e terribili torture. Le operazioni più orrende, come quelle di farsi scorticare<br />

le membra vive, amputarsi gli alluci, i piedi, le gambe, strapparsi gli occhi, farsi seppellire<br />

fino al collo e passare interi mesi in questa condizione, sembrano per lui giuochi da<br />

ragazzi. Una delle torture più comuni è quella del Tshiddy-Parvâdy. (26) Essa consiste nel<br />

sospendere il fachiro a uno dei bracci mobili di una specie di forca, che si vede nelle<br />

vicinanze di molti templi. All’estremo di ognuno di questi bracci è fissata una carrucola su<br />

(26) Più Comunemente detto chârkh-pújâ<br />

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